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Un
giorno si accostò a lei che stava seduta nel chiar di luna estivo,
intenta a filare. Quel chiarore la rendeva argentea, misteriosa.
Egli sedette ai suoi piedi e le disse che l'amava,le disse quanto
la trovava bella. Aveva la voce dell'innamorato, parlava con tenero
rispetto, quasi con devota reverenza, ed ella non era mai stata
sfiorata, prima di allora, dall'adorazione.
Non gli diede una risposta precisa, ma era chiaro che le sue parole
le erano piaciute. Da allora, approfittò di ogni occasione per parlarle.
La valle divenne, per lui, il mondo; e il mondo di là dai monti,
ove gli uomini vivono alla luce del sole, fini per sembrargli una
fiaba, che un giorno o l'altro avrebbe sussurrato all'orecchio di
lei.
Con grande cautela, molto timidamente, le parlò della vista. A lei,
quell'invenzione della vista, parve un'invenzione poeticissima,
e stette ad ascoltare la descrizione delle stelle, dei monti, della
sua stessa dolce bellezza rischiarata dalla luna, come cedendo ad
una colpevole debolezza. Non ci credeva, anzi capiva solo in parte;
ma ne era misteriosamente deliziata, ed egli potè credere ch'ella
avesse capito tutto. Il suo amore perse la trepida timidezza, si
fece ardito. Egli volle chiederla in sposa, a Yacob e agli anziani;
ma fu lei ad impaurirsi e a temporeggiare. Yacob venne a sapere
che Medina-sarotè e Nunez erano innamorati, perchè‚ glielo disse
una della figlie maggiori.
Il matrimonio di Nunez con Medina-sarotè incontrò subito fiera opposizione,
non tanto per il conto che facevano di lei, quanto perchè giudicavano
proprio lui un essere fatto a modo suo, un mezzo scemo, incapace,
inferiore anche al più basso livello tollerabile in uomo. Le sorelle
della ragazza si opposero accanitamente al matrimonio perchè‚ avrebbe
gettato discredito su tutte loro; e il vecchio Yacob, benchè avesse
maturato una specie di affetto per il suo tardo ed obbediente servo
della gleba, scrollò il capo e disse che la cosa non era fattibile.
I giovani erano tutti in colera all'idea di quell'inquinamento della
razza, ed uno giunse fino ad insultare e picchiare Nunez. Egli reagì.
Fu la prima volta che il fatto di vederci, sia pure in quella semioscurità,
risultò un vantaggio, e dopo la conclusione di quella zuffa, nessuno
si azzardò più a mettergli le mani addosso. Ma continuarono a ritenere
impossibile il suo matrimonio. Il vecchio Yacob aveva un debole
per quella figlia, che era la più piccina, e quando ella andava
a piangere da lui, gli dispiaceva. "Ma capisci, cara, è deficiente.
Soffre di allucinazioni, non sa far nulla nel modo voluto". "Lo
so", singhiozzava Medina-sarotè, "Ma adesso va meglio di prima.
Migliora. Ed è forte, mio caro padre; è gentile. Più forte e più
gentile di qualsiasi uomo al mondo. E mi ama, e… Padre, lo amo".
Nel vederla così sconsolata, il vecchio Yacob ne fu afflitto, tanto
più che, per molti motivi, aveva simpatia per Nunez. Perciò andò
nella sala del consiglio priva di finestre, sedette con gli anziani,
seguì la china dei discorsi e, al momento opportuno, disse: "Va
meglio di prima. E' probabile che un giorno o l'altro ci accorgeremo
che è sano di mente quanto noi".
In seguito, poi, uno degli anziani, gran pensatore, ebbe un'idea.
Tra quella gente egli era il dottore, il loro medico. Possedeva
in alto grado l'attitudine filosofica e inventiva. L'idea di guarire
Nunez delle sue stranezze lo attraeva. Un giorno, presente Yacob,
tornò sull'argomento Nunez. "Ho visitato Bogota", disse, "e il suo
caso mi risulta più chiaro. Credo che, con ogni probabilità, lo
si possa guarire". "L'ho sempre sperato", disse il vecchio Yacob.
"Ha il cervello un po' disturbato", disse il medico cieco. Corse
tra gli anziani un mormorio di assenso. "Ebbene, che cosa lo turba?".
"Ah!", fece il vecchio Yacob. "Questo", disse il medico, rispondendosi
da s è, "Queste strane cose chiamate occhi, che esistono per formare
nel volto una lieve e piacevole depressione, in Bogota sono malate
di modo che gli disturbano il cervello. Sono dilatate, hanno le
ciglia,con palpebre che si muovono; di conseguenza il suo cervello
è in uno stato costante d'irritazione e di distruzione. E allora?",
disse il vecchio Yacob, "Allora?". "Io credo di poter dire con ragionevole
certezza che, per guarirlo completamente non abbiamo da fare altro
che una piccola operazione chirurgica, facile e semplice, cioè rimuovere
questi elementi irritanti". "Poi sarà perfettamente sano di mente,
e un cittadino del tutto ammirevole". "Sia ringraziato il cielo
per averci dato la scienza!", disse il vecchio Yacob, e se ne andò
subito da Nunez ad informarlo delle sue liete speranze.
Ma gli parve proprio, con sua sorpresa, che Nunez ricevesse la buona
notizia con una freddezza molto deludente. Perciò egli disse: "Si
potrebbe quasi credere, dal modo in cui parli, che di mia figlia
non t'importi nulla". Fu Medina-sarotè a convincere Nunez ad affrontare
i chirurghi ciechi. Egli le disse: "Non vorrai, proprio tu, ch'io
perda il mio dono della vista?". Ella scosse la testa. "La vista
è il mio mondo". Ella chinò ancor più la testa. "Ci sono le belle
cose, piccole cose bellissime: i fiori, i licheni tra le rocce,
la morbida lucentezza di una pelliccia, il cielo lontano con le
nuvole che passano scivolando, i tramonti, le stelle. E ci sei tu.
Solo per te è bello avere la vista, per vedere il tuo viso dolce
e sereno, le tue labbra affettuose, le tue mani care e belle congiunte
insieme... . Questi miei occhi che tu hai conquistato, questi occhi
che mi legano a te, quegli idioti me li vogliono togliere. Dovrei
invece toccarti, sentirti, e non rivederti mai più. Dovrei anch'io
venire sotto il cielo di roccia, di pietra, di tenebra, quell'orribile
tetto sotto il quale si curva la vostra immaginazione…. No! Non
vorrai ch'io faccia una cosa simile?". Lo aveva assalito uno spiacevole
dubbio. Si fermò, e lasciò l'interrogativo senza risposta. "Io vorrei",
ella disse, "a volte…", e s'interruppe. "Ebbene", disse egli, un
poco in ansia. "Vorrei, a volte… che tu non parlassi così". "Così,
come?". "So che è grazioso. è la tua fantasia. Mi piace tanto, però…".
Egli si sentì gelare. "Però?", fece fievolmente. Ella rimase muta.
"Tu vuoi dire… tu credi… ch'io starei meglio, starei meglio forse…".
Stava rendendosi conto molto rapidamente.
Provò ira, effettivamente; ira contro la stupidità della sorte.
Ma anche un'affettuosa comprensione, per l'incapacità di lei a capire:
una comprensione che era parente stretta della compassione. "Cara",
le disse. E vide dal suo pallore quanto il suo spirito fosse oppresso
dalle cose che non poteva dire.
Egli l'abbracciò, le baciò l'orecchio, e per un certo tempo rimasero
seduti in silenzio. "E se io acconsentissi?", disse egli alla fine,
con voce molto sommessa. Ella gli gettò le braccia al collo, pingendo
a dirotto. "Oh, se tu lo facessi!", singhiozzava, "se tu lo facessi!".
Per tutta la settimana precedente all'operazione che dal suo stato
inferiore e servile doveva elevarlo al rango di un cittadino cieco,
Nunez non conobbe il sonno, e durante tutte le ore calde, rischiarate
dal sole, mentre gli altri felicemente dormivano, egli se ne rimase
seduto a rimuginare, o vagò senza meta, cercando di condurre la
sua mente a risolvere il dilemma. Aveva dato la risposta, aveva
dato il consenso; ma non era ancora sicuro. E infine la giornata
lavorativa terminò, il sole sorse in tutto il suo splendore sopra
le cime dorate, e per lui cominciò l'ultimo giorno dotato di vista.
Trascorse alcuni minuti con Medina-sarotè prima che ella si ritirasse
a dormire. "Domani", disse, "non vedrò più". "Tesoro!", disse lei,
e gli strinse le mani forte forte. "Ti faranno soltanto un pochino
di male", gli disse ancora, "e questo male, questa sofferenza, tu
li sopporterai, mio amato, per me'''. Caro se una vita e un cuore
di donna possono bastare a tanto, io ti ripagherò. Mio amatissimo,
mio amato dalla tenera voce, io ti ripagherò". La compassione, per
lei e per s‚ stesso, lo permeava fino al midollo. Se la tenne tra
le braccia, premette le labbra sulle sue, e la guardò bene in viso
per l'ultima volta. "Addio!", sussurrò a quell'amato aspetto, "Addio!".
Poi, in silenzio, si volse e se ne andò.
Ella udì i passi che si allontanavano, e nel loro ritmo sentì qualcosa
che la gettò in un convulso di pianto. Egli aveva avuto la ferma
intenzione di recarsi in un posto solitario dove il narciso bianco
abbelliva i prati, e di rimanervi fino all'ora del suo s sacrificio;
ma, nell'andare, alzò gli occhi e vide il mattino simile ad un angelo
dalla corazza d'oro, che scendeva fieramente sui pendii…. Gli parve
che di fronte a tale splendore lui, e quel mondo cieco nella valle,
ed il suo amore, e tutto, altro non fossero che un pozzo di peccato
senza fondo.
Non piegò su un lato, come ne aveva avuto l'intenzione; proseguì,
invece, passò attraverso il cerchio del muro, uscì fuori, su per
le rocce, e i suoi occhi non si staccarono dal ghiaccio e dalla
neve illuminati dal sole. Ne vedeva l'infinita bellezza, e la sua
immaginazione s'innalzò fino alle cose, oltre le cime, che ora avrebbe
ripudiato per sempre.
Pensò a quel mondo grande e libero dal quale era separato, un mondo
che era il suo, e gli parve di vedere quegli altri pendii, quelle
lontananze che seguono lontananze, e, a media distanza, Bogota,
luogo di bellezze multiformi e commoventi, uno splendore di giorno,
un mistero luminoso di notte, un luogo pieno di palazzi, fontane,
statue, case bianche. Pensò come fosse possibile, in un giorno o
due, calare attraverso i valichi, giungere più vicino alle strade
affollate e affaccendate della città. Pensò al viaggio sul fiume
Bogota verso il mondo ancora più vasto che stava più oltre, passando
per città, villaggi, foreste e luoghi deserti; un giorno dopo l'altro
sul grande fiume, finchè‚ le sponde si allontanavano e i grandi
piroscafi passavano rimescolando l'acqua e si giungeva al mare,
il mare confinato, con migliaia di isole e navi intraviste lontano
nel loro incessante viaggiare in giro per il mondo, attorno al grande
mondo. E là si vedeva, non ostacolato da montagne, il cielo, il
cielo! Non un disco, come lo si vedeva qui, ma un arco incommensurabile
d'azzurro, somma profondità in cui galleggiano nel loro moto ciclico
le stelle….
I suoi occhi esaminavano con più acuta attenzione la grande cortina
di montagne. Per esempio, ad andare così, su per quel canalone e
poi per quel cammino, sarebbe stato possibile uscire, là in alto,
tra quei pini che crescevano stentati intorno a una specie di sporgenza
delle rocce e salivano sempre più in su accompagnandolo oltre la
gola. E poi? Quella scarpata era superabile. Di là, forse, si poteva
trovare una via di ascensione lungo lo strapiombo che finiva ai
piedi delle nevi; e se quel cammino non rispondeva allo scopo, allora
un altro, più ad est, poteva risultare migliore. E poi? Poi uno
si sarebbe trovato a metà strada dalla vetta di quelle belle solitudini.
Gettò un'occhiata, dietro di sè, al villaggio, poi girò completamente
su s‚ stesso per guardarlo fisso. Pensò a Medina-soratè. Era divenuta
piccola, remota.
Tornò a volgersi verso il muro montano, dal quale gli era sceso
incontro il giorno. E, con grande cautela, cominciò ad arrampicarsi.
Al tramonto, non stava più arrampicandosi, ma era lontano, e in
alto. Era stato più in alto, ma era nondimeno molto in su. Aveva
gli abiti laceri, le membra insanguinate; era contuso in molti punti.
Ma stava steso come se stesse benissimo, e il suo volto sorrideva.
Dal punto in cui si trovava, la valle pareva stare in un pozzo,
oltre millecinquecento metri più in basso. La foschia già lo oscurava,
benchè‚ le vette lontane intorno a lui fossero tutta luce, tutto
fuoco. Le vette erano tutta luce, tutto fuoco, e i particolari delle
rocce più vicine erano impregnati di bellezza: una venatura verde
che tagliava il grigio, qua e là il balenio di sfaccettature cristalline,
un minuscolo lichene arancione, di una minuscola bellezza, proprio
accanto al suo volto.
Nella gola stavano ombre misteriose, un turchino che s'incupiva
fino al violetto, un violetto che diventava tenebra luminosa; e
in alto il cielo, in tutta la sua vastità sconfinata. Ma non badò
più a tutto ciò; giacque, invece, del tutto inerte, sorridente,
come se fosse contento per il solo fatto di essere sfuggito alla
valle dei ciechi, in cui aveva pensato di diventare re.
Il bagliore del tramonto svanì, venne la notte, ed egli giaceva
ancora, soddisfatto, in pace, sotto le fredde stelle.
FINE
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