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A un
certo punto nacque un bambino che aveva un salto di quindici generazioni
tra sè e quell'avo ch'era uscito dalla valle con una sbarra d'argento
per andare a procacciarsi l'aiuto di Dio, non facendo più ritorno.
E allora accadde che, dal mondo esterno, un uomo capitò in seno
alla comunità. Questa è la sua storia. Era un montanaro del territorio
nei pressi di Quito, un uomo che era sceso fino al mare e aveva
visto il mondo, che leggeva libri a suo modo: un uomo intraprendente,
e di mente acuta. Una spedizione alpinistica inglese, venuta a scalar
montagne nell'Ecuador, l'aveva assunto in sostituzione di una delle
tre guide svizzere, che si era ammalata. Si arrampicò qua, si arrampicò
là, e infine venne il tentativo di scalare il Parascotopetl, ch'è
il Cervino delle Ande, nella qual occasione il mondo di fuori lo
diede per disperso. Le relazioni scritte, sulla sciagura, furono
una dozzina o più. La migliore è quella di Pointer.
Racconta come la spedizione, superando numerose difficoltà, riuscì
ad arrampicarsi quasi verticalmente proprio fino al piede dell'ultimo
e maggiore strapiombo, e qui, su una piccola sporgenza di roccia,
si preparò un bivacco per la notte. Racconta anche, non senza un
tocco di vera potenza drammatica, come ad un tratto si accorsero
che Nunez non era più con loro. Gridarono, e non ebbero risposta.
Continuarono a gridare, a fischiare. Non dormirono per tutto il
resto di quella notte. Al levar del giorno, videro le tracce della
caduta. Non doveva aver avuto modo di pronunciar parola. Era scivolato
ad est, sul versante sconosciuto del monte; molto più in basso era
piombato su un ripido nevaio, sul quale aveva lasciato un solco,
scendendo in mezzo a una slavina.
La traccia giungeva diritta al ciglio di un pauroso precipizio;
di là da quel punto, tutto restava nascosto alla vista. Essi scesero
in basso, laggiù, lontanissimi, nella foschia della distanza, alberi
che crescevano in un'angusta valle chiusa da ogni lato: il perduto
paese dei ciechi. Ma essi non sapevano ch'era il perduto paese dei
ciechi, nè fecero differenza con qualsiasi altra stretta striscia
di pianoro. Persero coraggio, dopo questa sciagura, e nel pomeriggio
rinunciarono all'impresa. Pointer fu richiamato per la guerra prima
di ritentare l'ascensione.
Ancor oggi, la vetta del Parascotopetl è inviolata, e il bivacco
di Pointer, che nessuno raggiunge, si sgretola tra le nevi. Ma l'uomo
che era precipitato sopravvisse. Dal fondo del nevaio, dopo un volo
di oltre trecento metri, andò a cadere, tra una nuvola di neve,
sul pendio di un altro nevaio ancor più ripido. Ruzzolò giù, tramortito,
inconscio, ma senza un solo osso rotto, giungendo infine su falde
meno brusche; e finalmente rotolò di lato e giacque immobile, affondato
nel mucchio della bianca massa che lo aveva accompagnato, attutendo
la caduta e salvandolo.
Rinvenne con la vaga impressione di essere malato a letto; poi afferrò
la situazione, con il suo cervello di montanaro, e fece in modo
di liberarsi, finchè, dopo un attimo di riposo, non riuscì a rivedere
le stelle. Per un po', restò disteso, appiattito sulla pancia, chiedendosi
dove fosse e che cosa gli fosse capitato. Si tastò prudentemente
le membra, si accorse di aver perso parecchi bottoni e che la pesante
giacca gli si era rivoltata sopra la testa. Gli era sparito di tasca
il coltello, aveva perduto il cappello, che pur si era legato sotto
il mento.
Ricordò che poco prima stava cercando pietre smosse, per alzare
il suo tratto di muretto di riparo. Il suo piccone era scomparso.
Ne concluse che doveva essere caduto, e guardando in su vide, ancor
più grande nel lume spettrale della luna nascente, il volo tremendo
che aveva fatto. Rimase steso per un bel po' a fissare, attonito,
l'ampio dirupo torreggiante e pallido, che ad ogni istante pareva
crescere, uscendo dalla marea calante del buio. Quella bellezza
misteriosa, come un fantasma, assorbì per un po' la sua attenzione,
poi lo colse un convulso di risa singhiozzanti… Solo dopo un notevole
intervallo, si rese conto ch'era vicino al limite delle nevi. Sotto
a questo, vide, su un pendio praticabile e rischiarato dalla luna,
terreno erboso cosparso di massi. Si alzò faticosamente in piedi,
con le giunture e le membra indolenzite, scese con difficoltà dalla
neve ammucchiata intorno a lui, continuò a scendere fino a quando
non fu sul terreno erboso, e allora si stese, o meglio si lasciò
cadere, accanto ad un macigno, fece una bevuta dalla borraccia che
aveva nella tasca interna, e s'addormentò di colpo. Lo destò il
canto degli uccelli, nei lontani alberi, in basso. Egli si levò
a sedere e constatò che si trovava su un piccolo ripiano ai piedi
di un immenso strapiombo interrotto dal canalone lungo il quale
erano venuti giù, lui e la sua neve.
Dall'altra parte, dirimpetto a lui, un'altra muraglia di roccia
si ergeva contro il cielo.
Tra questi due dirupi correva la gola, orientata da est ad ovest,
invasa dal primo sole del mattino, da cui era illuminata, in fondo,
ad ovest, la massa di montagna franata che ne chiudeva la discesa.
Sotto di lui pareva esserci un precipizio altrettanto dirupato,
ma dietro la neve del canalone egli trovò una spaccatura, una specie
di camino, gocciolante d'acqua, giù per il quale un temerario poteva
tentare di calarsi. Trovò che era più facile di quanto sembrasse,
e giunse infine a un altro ripiano deserto; poi, scalando rocce
senza particolari difficoltà, a un ripido pendio coperto di alberi.
Provvide ad orientarsi, e si rivolse a monte della gola, vedendo
che questa si apriva, da quella parte, su prati verdi tra i quali
egli potè ora scorgere molto distintamente un gruppo di casupole
di pietra, piuttosto strane come forma. Fu costretto, in certi punti,
ad avanzare come se si arrampicasse sulla superficie di un muro,
e dopo qualche tempo il sole, salendo e spostandosi, smise di mandare
i suoi raggi nella gola, il canto degli uccelli s'interruppe, e
intorno a lui l'aria si fece fredda e scura. Ma la valle lontana,
con le sue case, risultò ancor più luminosa. Egli non tardò a giungere
ad una scarpata, e tra le rocce notò (poichè aveva il dono dell'osservazione)
una specie a lui ignota di felce, che pareva protendere artigli
d'un verde intenso fuor dei crepacci. Ne spiccò qualche fronda,
ne masticò il gambo, e n'ebbe qualche ristoro. Raggiunse sul mezzogiorno
l'imboccatura della gola, uscendo sull'altipiano, in pieno sole.
Era stanco ed indolenzito.
Sedette all'ombra di una roccia, riempì d'acqua la borraccia a una
sorgente e bevve, sostando a riposarsi un poco prima di proseguire
verso le case. Queste avevano qualcosa di molto strano, ai suoi
occhi, ed anzi, guardando meglio, gli sembrò che tutta la valle
avesse un aspetto bizzarro, insolito.
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