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LA VITA NEL LABIRINTO – E. J. Gold

 

PERDERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE

A nostra insaputa, noi viaggiamo in un labirinto, un dedalo macrodimensionale di viva forza elettrica, rivestito dal sottile strato dell’ordinarietà della vita di tutti i giorni. Ciò che più di tutto ci impedisce di riconoscere questo fatto è l’impellente bisogno di ricondurre tutto ad una dimensione familiare, di ridurre ogni cosa a livello del nostro cervello di primati; di rifiutare la viva, pulsante realtà della totalità di ogni possibile attenzione.

Il labirinto! Un dedalo macrodimensionale camuffato dal tessuto dei confini biologici. Nella vita ordinaria, qualunque cosa facciamo o raggiungiamo, dovunque andiamo o chiunque diventiamo, ci ritroviamo sempre prigionieri della rigida routine; ci auto-immergiamo in un auto-invocato, continuo bombardamento di tensioni, distrazioni e auto-indulgenza quotidiana, riuscendo con successo, in un modo o nell’altro, a rifiutare qualsiasi vero aiuto possa esserci offerto.

Non riusciamo mai veramente a divertirci o a stupirci. Questa conversione di tutto quanto esiste nei termini di un primate è un’autentica malattia, di natura clinica come qualunque condizione patologica comunemente accettata.
Il sé essenziale, con le sue qualità di attenzione e presenza, è capace di vedere le cose in modo differente; perciò esso ha la capacità di avvertire il passaggio, quando questo si verifica, ad una percezione diretta del labirinto.

Agiamo come se il mondo dei primati esistesse realmente, come se noi avessimo un’interfaccia diretta con esso, come se esistessero in esso certezze e qualità tangibili mentre, di fatto, niente di tutto questo esiste (nel senso in cui noi crediamo che esista), neppure remotamente. Ci siamo costruiti attorno le pareti di un vero e proprio Giardino della Familiarità e adesso vi siamo intrappolati senza alcuna speranza di fuga.

LA CONSAPEVOLEZZA DEL LABIRINTO
Quando il processo d’apprendimento superiore si risveglia, non mostriamo più confusione e disorientamento quando entriamo nelle macrodimensioni. Mediante speciali processi interni, che è possibile imparare, possiamo andare ben oltre lo spettro ordinario, ed entrare nelle macrodimensioni, che nella forma somigliano alla realtà consensuale, ma sono radicalmente diverse da essa sotto altri aspetti, percepibili solo con un lungo e difficile addestramento dell’attenzione essenziale, ovvero non meccanica.

Quando un ratto diventa consapevole del labirinto, i suoi occhi sembrano in qualche modo contemporaneamente più giovani e più vecchi; la sua postura ed il suo comportamento generale verso l’ambiente e verso se stesso mostrano segni radicali di mutamento. Appare meno frenetico, più disinvolto, più sicuro di sé e notevolmente meno autodistruttivo.
Contemporaneamente, si possono notare segni visibili di eccitazione; è irresistibilmente pervaso da un nuovo senso di libertà, proprio lo stesso senso di libertà che può sperimentare un essere umano quando raggiunge quella che chiamiamo “illuminazione”. Naturalmente, per quanto riguarda gli esseri umani, questo primo barlume di vera libertà (non da un labirinto sperimentale, ma dai confini autoindotti di natura puramente psico-emotiva) non dura molto a lungo e presto si riafferma la sua monotona e banale attività da primate.

Il Gioco del Labirinto è stato chiamato il Gioco Fondamentale, il Grande Gioco, Il Gioco delle Perle di Vetro; solo l’auto-motivazione, la capacità di scuotere noi stessi dal sonno, di prendere le mosse da un punto zero e di spingere noi stessi oltre la postura immobilizzata dell’inerzia, produrranno risultati in questo che è “il più pericoloso dei giochi”.

Se ti rivelo il significato,
la tua mente seguirà il significato;
ma poiché l’attenzione segue la mente,
non coglierai il significato.

LA MADRE DI TUTTI I PUZZLE
Il labirinto, come qualunque dedalo, ha le caratteristiche di un puzzle. Attenendoci alle regole della risoluzione di questi ultimi, se ne comprendiamo le leggi e ne interpretiamo correttamente i segnali, dovremmo essere capaci di viaggiare in modo consapevole e di ricordare anche i passaggi precedenti; dovremmo anche riuscire a conseguire una visione generale, che tenga conto di tutto ciò che abbiamo imparato in un dedalo.
Nel labirinto, un individuo è soggetto a vagare all’infinito attraverso le stesse cinque, sei, sette, otto o nove diverse camere, imbattendosi in una successione di macro-personaggi, reagendo con la stessa gamma generale di reazioni riflesse acquisite, che determina il risultato del gioco fin dall’inizio.

LE CHIAVI PER VIAGGIARE CON ELEGANZA
Le chiavi per viaggiare in modo elegante sono generalmente quei piccoli, persistenti, insignificanti dettagli che normalmente accantoniamo come poco importanti; tali chiavi sono la nostra guida per orientarci nel labirinto.

Sapere ricordare ciò che si è fatto tre o quattro giochi fa o, anche, tre o quattro vite fa, è un altro importante requisito per viaggiare con successo. Non c’è buona sorte che ci possa aiutare, se non ricordiamo quello che abbiamo fatto in precedenza. Se non ricordiamo, siamo condannati a ripetere per sempre i nostri errori; ma non si tratta del tipo di memoria per cui ci possiamo affidare alla mente, o a qualunque altra funzione che di diritto apparta nega alla macchina biologica, e con la quale questa esegua, in duetto sincopato, il suo “canto del cigno” a senso unico.
Per questo tipo di memoria, dobbiamo sviluppare qualcosa che sopravvive alla morte della macchina; qualcosa che è chiamato, nel nostro linguaggio tecnico, comprensione: un richiamo semi-intuitivo, un sesto che proviene dalla conoscenza non elaborata, che ci dice che qualcosa non va, anche se non sappiamo esattamente di cosa si tratti.

Dobbiamo in definitiva sviluppare una qualche visione generale coerente, concordando sul fatto che, come disse una volta Eraclito, “non possiamo mai entrare due volte nello stesso fiume, poiché l’acqua in cui siamo entrati la prima volta è scorsa via”. Questo significa che anche se un evento può essere duplicato, la seconda volta esso avviene in un campo leggermente differente. Eraclito aveva ragione, niente rimane identico a se stesso; e comparare la situazione presente con l’esperienza non sarà d’alcun aiuto, neppure se potessimo tenere conto di tutto quanto abbiamo mai imparato da sempre …
Ma se la conoscenza si trasforma in comprensione, quando ci succederà di sentir puzza di bruciato, saremo almeno capaci di distinguere il fatto che, questa volta, non si tratta di toast …

La capacità di disimparare rappresenta un importantissimo e potente prerequisito per imparare cose nuove. Riapprendere significa essenzialmente liberare i circuiti nervosi delle cariche elettriche preesistenti, e dalle relative connessioni sinaitiche preferenziali, così da poter incidere negli stessi circuiti neurali una nuova serie di tracce intenzionalmente programmate.

Senza competenza e attitudine, non si può andare molto lontano. Ma se abbiamo competenza e non tendiamo a reagire violentemente all’inaspettato; se impariamo ad affrontare i rischi, sapendo che il rischio più grosso è quello di star seduti ad aspettare, senza far niente; se ci può essere accordata implicita fiducia, senza la minima ombra di dubbio, che non tradiremo … allora possiamo essere accettati come compagni di viaggio, anche nelle condizioni più pericolose, radicali ed inaspettate.

Più andiamo in profondità,
più è difficile
decodificare
i tanti messaggi.

PROIEZIONI DELLA RETE NEURALE
La nostra conoscenza del mondo dipende interamente dall’elaborazione sinaptica delle percezioni organiche, che ci giungono alla velocità della luce. Eppure, questo non è sufficiente a farci vivere nel presente; bypassare queste percezioni organicamente delimitate può offrirci visioni dirette e non filtrate, non ostacolate dal cervello e dai suoi significati, di ciò che è il mondo reale.

Quando cambiamo mentalità, sperimentiamo ciò che, per il viaggiatore attento, si traduce immediatamente in un cambio di dimensione. Quello che cambia è qualcosa di più della nostra semplice prospettiva. L’alterazione del nostro punto di vista è così profonda e radicale, che va molto oltre una ritrovata capacità di pensare in nuove categorie. Un cambiamento nella mentalità equivale praticamente ad un trapianto del cervello o ad un superamento di esso. Il cambiamento di mentalità è un vero e proprio “by-pass” cerebrale.

Immaginate che il mondo sia un oceano, sulle cui sponde la macchina biologica umana si erge come un faro solitario su un’insenatura rocciosa, con gli occhi che agiscono come fasci di luce invertiti. Noi che viviamo nell’oscurità all’interno del cervello non possiamo mai vedere l’oceano, ma attraverso gli occhi del faro riusciamo a sapere qualcosa del mondo esterno.
Di per sé, il cervello è cieco, muto e sordo, capace di vedere, sentire e parlare solo nel senso che esso, tramite i sensi esterni, manda e riceve impulsi elettrici secondari, i quali sono trasportati da una specie di messaggero neurologico in bicicletta lungo le fibre nervose.

Nelle oscure, indeterminate distanze dell’universo cerebrale, in nodi neurali cosparsi di stelle, gli impulsi elettrici sono convertiti in una simulazione limitata di ciò che i sensi percepiscono; ovvero, anche se gli occhi della macchina biologica umana sono strumenti ottici, noi non vediamo mai veramente l’effetto ottico.

Il cervello, tagliato fuori dal mondo esterno, incapsulato nell’involucro del cranio, resta del tutto dipendente dai segnali che gli vengono trasmessi dagli organi percettivi, gli unici che possono veramente vedere, ascoltare, sentire, odorare e percepire, essendo in diretto contatto con il mondo esterno.

Gli occhi vedono il mondo reale nudo e crudo, nella sua sconvolgente ricchezza di dettagli, ma non hanno i mezzi, la preparazione, per riconoscere alcunché; non hanno il discernimento per interpretare ciò che vedono.

La stessa cosa è vera per tutti gli organi di senso; essi sono in diretto contatto con il mondo esterno, ma non hanno l’insita capacità di comprenderlo, né alcun modo di elaborare le informazioni che percepiscono direttamente.

È grazie a questi treni di impulsi di voltaggio variabile provenienti dai sensi esterni, che il cervello è in grado di costruire quelle allucinazioni tridimensionali olografiche tattili che chiama realtà.

È un vero peccato che la capacità del cervello di generare immagini sia limitata dal fatto che il suo potere di immagazzinare ed elaborare informazioni è molto limitato.

Approssimativamente, soltanto il dieci per cento del mondo reale è effettivamente percepito e olograficamente proiettato dentro il cervello, lasciando spazio ad un’enorme quantità di fenomeni inspiegabili e perciò classificati come sovrannaturali; cose che, pur essendo percepibili, ricadono nella categoria delle informazioni scartate.

Il cervello non può vivere senza le sue rappresentazioni olografiche e perciò quando non riceve alcuna informazione dall’esterno, produce le sue proprie costruzioni altamente immaginative e vagamente astratte, continuando senza posa a produrre un’olografia immaginaria, in assenza di stimoli ambientali.

Il cervello non si limita a proiettare una rappresentazione della realtà esterna. All’interno della proiezione olografica ci fornisce sentimenti, sensazioni ed un profondo senso d’identità, un’impressione soggettiva di noi stessi come individui che vivono proprio al centro esatto di un mondo che non hanno mai visto.
Diventiamo così i personaggi principali all’interno del cervello, il centro del nostro piccolo mandala personale.

Nello stato di veglia, il mondo reale inizia a farsi evidente ai nostri occhi. In questa espansione l’ambiente, compresa la macchina biologica umana che è una parte di esso a tutti gli effetti, diventa trasparente e luminescente, una ragnatela di tessuto finissimo luccicante di fresca rugiada.

Troviamo più inciampando
Che cercando.
Cercare è fallire,
fare è riuscire.

L'ILLUSIONE DEL TEMPO
Durante la scalata alle vette macrodimensionali, presto scopriamo ciò che ci impedisce di vivere macrodimensionalmente in uno stato eterno e senza tempo: è la nostra estrema dipendenza psicologica dal normale flusso del tempo misurato dagli orologi. È duro accettare il tempo come una funzione dello spazio e non come un flusso lineare che si sviluppa attraverso gli eventi.

Potremmo sperimentare la transizione come un momento di rapidità fulminante, una frazione di secondo o un penoso viaggio di miliardi di anni attraverso un infinito deserto in cui sembriamo perduti oltre ogni speranza ed ogni capacità di sopportazione. Dal punto di vista del primate, possiamo restare intrappolati nelle stesse transizioni, e diventare dei disperati girovaghi nel Mondo degli Spiriti Erranti. Questo fenomeno è parte integrante dell’atavico sciamanismo primitivo, ma per esse non c’è posto nel nostro sciamanesimo non-primitivo. Il sentirsi perduti e raminghi può essere visto come un problema percettivo temporaneo che può trovare rimedio nella soluzione dei problemi dei territori topologici, che ci farà trascendere il concetto di confine.

Nel labirinto, i passaggi ed i corridoi rappresentano in realtà delle transizioni attraverso indefinibili delimitazioni tra questi momenti “eternalizzati”. Se potessimo rallentare le nostre percezioni del tempo, vedremmo con facilità che l’eternità non corrisponde al normale concetto che ne ha il primate umano (un tempo molto lungo), ma è un momento congelato, un vibrante immobile “tableau” spaziale su una scala dimensionale precisa e conoscibile, che trova un posto preciso e conoscibile nelle ottave discendenti della realtà e dell’esistenza, che sono i risultati più bassi del passaggio della Creazione.

Nell’eternità senza tempo delle macrodimensioni, cause ed effetti avvengono in modo simultaneo; tutto appare collegato, gli eventi succedono nello stesso momento in cui ci capita di pensarli, quasi come estensioni esterne dei nostri pensieri e stati d’animo. Siamo così sintonizzati con gli eventi che sembriamo crearli noi stessi al momento. Ci può succedere d’innamorarci di un’idea e di cedere al suo singolare fascino, in un gioco di contrappunto a più voci, in cui il mondo pare riflettere ogni sfumatura dei nostri stati interni.

Una tale mitologia fuorviante è in realtà solo una funzione dell’accelerazione della coscienza, filtrata attraverso la nostra ordinaria vanità di primati umani. Solitamente non siamo così sintonizzati sugli eventi da percepirli nel momento stesso in cui avvengono.

Ad ogni svolta ci si presenta l’alternativa di ricadere addormentati nella nostra vecchia vita, in quello stato di coscienza che va mano nella mano con il normale scorrere del tempo della realtà consensuale e con il suo degno compagno, la caccia all’immediata gratificazione del primate. Naturalmente, adesso che abbiamo assaggiato anche solo un poco della vita del viaggiatore nel labirinto, la nostra vecchia vita di primati ci sembrerà morta e vuota.

Tutta la vita non è
altro che una lotta
contro l’eternità.

LA VISIONE MISTICA
Il velo non è nella mente, ma nel cuore. Solo il cuore può sollevare il velo. Quando ciò accadrà, quando ci saremo ammorbiditi e saremo maturati, ci ritroveremo nel cuore stesso del Labirinto, in quel luogo che per tutta la vita avevamo desiderato di raggiungere.

Non possiamo andare dove già non siamo. In una corretta prospettiva, non viaggiamo dalle dimensioni inferiori a quelle superiori; ci svegliamo e ci troviamo nelle macrodimensioni, dove siamo sempre stati, scuotendoci di dosso per un momento le spire dell’ottenebramento (simili al toro Nandi, veicolo della divinità indù di Shiva) che si hanno tenuti nel mondo dei sogni; la natura dell’ottenebramento è lo stato di sogno delle dimensioni inferiori, una risposta automatica all’incapacità di tollerare la nostra eterna, immutevole ed inevitabile (eccetto che nei sogni) vita macrodimensionale.

Se ci aspettiamo se rimanete di far penetrare la nostra visione oltre le nebbie del nostro apparto visivo, dobbiamo passare ad un nuovo livello percettivo: la visione segreta del mistico, che permette alle sensazioni di suggerire l’interpretazione giusta. Possiamo usare questo segreto come pratica per rivelare e sviluppare il centro emotivo superiore e le facoltà mentali superiori, spingendoci sempre più profondamente e pericolosamente nel dominio della sciamano, gioioso partecipante all’infinita danza ciclica, la Lila, della maestosa Shakti, l’energia pura.

Le visioni sciamaniche, richiedono che gli occhi (non quelli organici del primate, ma la visione prodotta dall’attenzione focalizzata della nostra presenza morfologica raccolta) siano liberati dal velo e, perché questi occhi sciamanici si aprano, per pensare dobbiamo usare il cuore, non la mente. Il velo che ci acceca è mantenuto al suo posto dal cuore freddo delle paure del primate. Questo non è certo un grande segreto sciamanico.

L’arte visionaria può farci accedere alla percezione delle macrodimensioni, ma l’effettiva presenza nelle macrodimensioni richiede l’attivazione del cuore e le comprensione mediante esso. Il cuore, il centro emotivo superiore, è l’unico (ma solo quando è integro) capace di produrre lo stato d’animo elevato necessario per l’accesso al Palazzo, nel Cuore del Labirinto. Il cuore, avvolto intorno alla nostra presenza come un mantello o un sudario, ci mantiene al sicuro e al caldo nei nostri viaggi attraverso i tratti del labirinto più freddi e sperduti.

Il viaggio verso il Cuore del Labirinto è la prima nostra vera iniziazione al Lavoro. Il Cuore del Labirinto costituisce l’ingresso di qualunque viaggio. Da qui, anche i più remoti settori del labirinto sono facilmente a portata di mano.

È qui che saremo purificati (grazie alla violenta, intensa, non distorta radiazione dell’amore, pura energia nella sua forma assoluta) dalle residue contaminazioni del primate; veniamo purificati, ripuliti, cotti dalla radiazione, in modo lento, atroce, agonizzante, lentamente dolente; purificati, cotti a fuoco lento, ogni volta che passiamo attraverso il Cuore del labirinto …

Non possiamo strappare il velo con le nostre stesse mani, né aprirlo con le dita sensibili di un chirurgo; e non possiamo toglierlo di lì con la mente. A dire il vero, più ci proviamo, più mettiamo distanza tra ciò che stiamo cercando e noi stessi. Nella ricerca macrodimensionale, la mente non assiste; non fa parte del mondo che stiamo cercando; la mente appartiene al mondo della macchina.

Quando alla fine gli occhi si aprono alla visione, è solo perché abbiamo intuito in modo (un modo che conosciamo solo noi e coloro che l’hanno trovato in se stessi) per aggirare i nostri limiti intessuti così inestricabilmente nei nostri cuori, da diventare “tutto fuorché invisibili”; l’unica via d’uscita è offerta soltanto dall’auto-osservazione più attenta.

L’emozione superiore non può reagire alle emozioni della macchina, perché la corrente elettrica negativa delle emozioni delle macchina ostruisce il flusso dell’amore macrodimensionale. La macchina può originare potente emozioni che potrebbero essere simili, negli effetti, a quelle dell’amore labirintico, tranne che per il fatto che le prime, in presenza delle radiazioni superiori sono spazzate via. L’amore vero non è costituito da appetiti o brame, non è generato dalle necessità, dalle voglie e dai desideri della macchina-primate; inoltre, risponde bene alle radiazioni purificatrici presenti nel Cuore del Labirinto.

La macchina distorce le percezioni e le idee reali per conformarle ai suoi scopi ed è perciò capace di produrre e trovare soddisfazione nello sciocco erotismo e nella insulsa pornografia del primate. L’amore delle dimensioni superiori è privo di tali infantili e superficiali contaminazioni dell’attenzione.
Adorare con totale attenzione, una forma di amore macrodimensionale, che a volte si attiva nel processo del serio (e spesso pericoloso) atto d’amore sciamanico (che, credetemi, non ha nulla a che fare con quello che pensate potreste fare stanotte, se riusciste a trovare un partner disponibile …), spesso può amplificare il dolore della separazione che prova in modo così profondo solo chi è veramente innamorato, vale a dire, assorbito nella (e dalla) presenza dell’amore vivo, quella divina coscienza che i primati umani rozzamente chiamano “Dio”.

Nel fare l’amore, se fossimo capaci di rilassarci completamente, aprendoci e divorando l’oggetto della nostra attenzione nell’interiore immobilità e quiete della presenza, potremmo notare, di quando in quando, un leggero tremolio, indicante ad un osservatore esterno che stiamo facendo esperienza di questa struggente adorazione.

Nel normale atto d’amore tipico dei primati, i più sottili stati d’animo emotivi superiori vengono in qualche modo sopraffatti dalla fretta di spingere e inarcarsi imposta dai gangli nervosi.

Quando l’emozione superiore investe la macchina, il cuore può rimanere scottato, espressione con cui indichiamo quello stato di dolce dolore, provocato dallo struggente desiderio per ciò di cui facciamo già parte; e più sentiamo tale dolore, più sappiamo che siamo sulla strada giusta, più vicini al centro stesso dell’origine della specie.

Il dolore è ciò che indica la direzione che porta la cuore. Naturalmente, per coloro che desiderano evitare il selvaggio, furioso potere dell’amore, ci sono molti modi di evitare il dolore. Mangiare è un sostituto (ben conosciuto ed usato regolarmente) di quasi tutto; fare spese è un altro mezzo molto efficace per distrarsi da profondi e logoramenti sentimenti, andare al cinema è uno dei mezzi preferiti per allontanarsi da tutto in generale.

Possiamo usare la sensazione di dolore come un segnale, un faro che ci aiuta a trovare la direzione. Più è intenso, più vicini siamo al Cuore del labirinto. L’idea dell’uso dell’emozione come segnale è simile all’uso delle sensazioni in relazione al “cronico” (il meccanismo di difesa contro lo stato di veglia), nel processo di risveglio intenzionale della macchina biologica umana, al fine di usarla come apparato di trasformazione.

Il segreto sta
nel non badare
al dolore.

CHI MANEGGIA I FULMINI CREPITA SEMPRE UN PO’
Lavoriamo per sviluppare la parte di noi che sopravvive all’annientamento personale, poiché è la sola parte del nostro essere veramente capace ci lavorare. Comprendere l’amore è dissolvere il sé ed i misteri soggettivi delle apparenze al suo interno.

Per uno sciamano, l’amore è come una sostanza costantemente presente; uno sciamano non cade dentro e fuori l’amore; l’amore non va e viene come una malattia.

Come sciamani, dovremmo occuparci di sviluppare una buona relazione con la forza stessa dell’amore; non una relazione tramite l’amore, o una relazione d’amore tra primati con una certa urgenza d’accoppiarsi.

Nei nostri viaggi sciamanici, vedremo che non ci sono luoghi in cui l’assoluto non ci sia, e neppure in cui esso si trovi in misura maggiore che altrove; analogamente, non è possibile trovare un rifugio in cui non vi sia amore, in quanto la presenza dell’Assoluto e la forza vivente chiamata “amore” sono una cosa sola.

Il più semplice, il più facile tipo di risveglio della macchina è il risveglio del centro motorio; a seguire c’è il risveglio del centro mentale; ma senza il contributo dell’apparato emotivo superiore, l’effetto trasformativo dello stato di veglia è alquanto attenuato. Come ci aspetteremmo, lo stato d’animo speciale del risveglio attraverso il centro emotivo è il più difficile da raggiungere.

L’ARTE E LA SCIENZA DELL’INVOCAZIONE
L’invocazione macrodimensionale si concentra sempre sull’attivazione di risonatori corrispondenti tra le camere, fino a quando non entrano in risonanza empatica. Come uomini, possediamo la capacità di auto-invocarci, di espandere la nostra morfologia fino ad entrare in nuovi spazi.

Nel corso dei secoli, la parola “magia” è divenuta sinonimo di superstizione e di occulto potere personale, espressione generale per tutte quelle cose che non possono essere spiegate perché non ricadono in alcuna delle categorie scientificamente riconosciute.

Ma non dovremmo dimenticare, se mai l’abbiamo saputo, che la magia di ieri è la scienza di oggi; la conseguenza logica di ciò è che la magia di oggi sarà la scienza di domani.

Un problema, che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri antenati primati, è costituito dal fatto che la parola “magia” viene usata in molti modi differenti; di solito con una connotazione negativa, il che a volte è appropriato.

Questo termine aveva originariamente il significato di rituale, non necessariamente occulto o religioso, e dovrebbe includere tutti gli strumenti psico-emotivi e tutti i metodi che possono essere utilizzati da un viaggiatore per effettuare transizioni nelle macrodimensioni. Per correttezza questo significato originario dovrebbe essere allargato fino a includere ogni azione ritualizzata, anche quelle di ordine sociale, come i matrimoni, le strette di mano, i biglietti di San Valentino, la partita di calcio della domenica e il brindisi ad una causa.

A volte il termine magia viene usato nel senso di evocazione; l’attirare un viaggiatore di una dimensione inferiore (che è poi una parte del nostro territorio interiore, del mondo o dei mondi attualmente contenuti dentro di noi) nel territorio che stiamo occupando adesso, a prescindere dalla scala morfologica in cui ci troviamo al momento; o nel senso di invocazione, processo grazie al quale passiamo da una morfologia dimensionale inferiore ad una morfologia macrodimensionale. Quest’ultima forma di magia è quella che ci interessa come viaggiatori del labirinto, poiché l’invocazione, nel suo senso più pieno, si riferisce ai metodi con cui ci arrampichiamo su morfologie macrodimensionali, le quali, sebbene non siano vive nel senso organico della parola, si possono considerare abitatrici dei mondi superiori, in cui ogni macroabitante possiede un suo carattere, una sua attività e una sua volontà, che pur essendo individuali, sono sempre in diretta relazione con la sua matrice ambientale.

Abbiamo già visto che sia coloro che viaggiano da soli, sia coloro che viaggiano in gruppo, influenzano il viaggio nel labirinto in base alla loro personalità, che è un misto di attitudini, condizionamenti culturali, e tonalità emotiva generale.

L’attenzione è una chiave potente, un potente strumento d’invocazione, poiché il processo di viaggiare nel mondo macrodimensionale è in definitiva una funzione dell’attenzione, o più precisamente, dell’estensione della presenza nel campo totale della potenziale attenzione, concetto che molti scoli fa, dette origine alla frase “il Regno è già a portata di mano”.

La nostra attenzione operativa è efficace solo quando lo è quella del sé essenziale.

IL RECUPERO DEI DATI NELLE DIMENSIONI SUPERIORI
Lo sciamanismo si sviluppò per la prima volta migliaia d’anni fa, per soddisfare certe necessità macrodimensionali, soggette solo a leggi superiori bel oltre la portata e la comprensione del mondo umano e perciò da eliminare in quanto non indirizzate versi i comuni scopi del primate.

Esattamente 8902 anni fa, il primissimo sciamano, il cui nome si è perso nella notte dei tempi, stabilì un’efficace relazione funzionale con l’Assoluto, ed anche con quegli esseri macrodimensionali incontrati lungo la difficile e circonvoluta ascesa/discesa lungo la scala dimensionale.

Tra i primi esseri umani, uno sciamano era un elemento prezioso, un uovo, metaforicamente parlando, da nutrire e proteggere. Era tipico dotarlo di una calda e asciutta caverna dove vivere; procurargli cibo, droghe, arnesi di ogni tipo, sia magici che no; archi e frecce, torce, vasi per fumigazione pieni di carbone finemente tritato, pigmenti per dipingere, attrezzi per scolpire, sonagli, gong, tamburi, ed altri strumenti musicali; tutti i tipi di erbe, radici e bacche; pitture per il corpo, grasso per le lampade, donne, e qualunque cosa gli servisse per indurre gli stati necessari ad arrampicarsi su per le macrodimensioni.

Questa struttura tribale, è ancora bene in evidenza nella nostra sofisticata civiltà occidentale, che a volte mostra gli stessi modi operativi delle tribù del passato, che erano leggermente più primitive di noi ma non altrettanto barbare.

Lo sciamanismo tribale si occupa delle faccende e degli atteggiamenti attraverso cui opera qualunque meccanismo tribale: la NASA, il Pentagono, le mutevoli mode e i capricci del momento, fanno tutti parte del moderno sciamanismo tribale … l’autentica funzione della moda è quella di accrescere l’interesse per certe zone tabù e portare su di esse l’attenzione, così da renderle temporaneamente attraenti, eccitanti e, in modo più nascosto, economicamente redditizie.

Circa 7944 anni fa, mese più, mese meno, uno dei più potenti di turno, il cui nome è stato cancellato dal tempo, decise di formalizzare e codificare l’intera tradizione orale e, in accordo con quest’obiettivo, fece in modo fosse scolpita nel Codice Sciamanico Unificato, il CSU. Così stavano approssimativamente le cose al tempo della comparsa degli sciamani sumeri.

Nelle regioni del Caspio e della Mesopotamia, al tempo in cui prosperavano le città e le culture di Ur, Sumer, Elam e Lagash (città stato sviluppatesi nella regione mesopotamica, tra i corsi inferiori dei fiumi Tigri ed Eufrate, e che funzionavano ancora secondo criteri tribali, sebbene le loro società fossero diventate maggiormente gregarie a causa del considerevole aumento della popolazione), lo sciamanismo si era già evoluto in qualcosa di molto diverso da ciò che era quando le tribù erano ancora gruppi mobili che vivevano una vita nomade in accampamenti temporanei. Ormai le discendenze familiari e l’ereditarietà negli affari commerciali avevano assunto la massima importanza (vedi libro di Zog).

I Sumeri erano sciamani sorprendentemente competenti nonostante la loro società si fosse formalizzata; in effetti dovremmo parlare di “donne sciamano”, in quanto, prima che fossero massacrate da sacerdoti assetati di potere durante il periodo ellenico medio, la maggioranza degli sciamani praticanti erano sacerdotesse. Queste per secoli erano state depositarie di potenti metodi sciamanici, di tecniche d’induzione assolutamente garantite (“a prova d’imbecille”) e di mappe del labirinto incredibilmente dettagliate, con i passaggi dimensionali chiaramente indicati. Alcune delle loro mappe macrodimensionali esistono ancora oggi e sono tutt’ora utili.

La profonda conoscenza sciamanica posseduta dai Sumeri e dai Babilonesi formò più tardi il corpo principale del Sufismo classico. Quest’ultimo viene associato di solito all’Islam, ma in realtà anticipa l’Islam di diverse migliaia d’anni, come qualunque imparziale e competente studio può rivelare.
Il Sufismo è un tipo di sciamanismo, generalmente misconosciuto in qualunque forma, eccetto quella islamica.
È una forza sociale che funziona più o meni come le logge massoniche, i Lions, gli Elks, il Rotary, i Framassoni, i Vecchi Amici e le altre organizzazioni affaristiche nelle quali l’organizzazione ha il solo scopo di perpetuare la propria esistenza.

Alcuni gruppi sufi sono tuttavia riusciti a mantenere una loro libertà nei confronti del soffocante abbraccio dell’Islam e sono rimasti un vero crogiuolo di attività sciamaniche, principalmente quelli che si trovano a Maiorca è la sede dell’alchimia sciamanica occidentale, della cabala, del francescanesimo e dei Trovatori catalani.

Poiché lo sciamanesimo si sviluppò da scienza formale in una più ampia ed intuitiva forma d’arte, l’inevitabile separazione in due rami principali si accentuò sempre più. Da una parte, lo sciamanismo tribale serviva gli scopi della tribù; dall’altra, una forma segreta di sciamanismo, passata di generazione in generazione da iniziato a iniziato in società accuratamente riservate, serviva gli scopi segreti del lavoro con gli esseri delle macrodimensioni.

I Babilonesi, i Sumero ed i maya svilupparono alcune tecniche favolosamente innovative ed elaborate di shapeshifting, mediante le più stravaganti ed esotiche morfologie macrodimensionali che si possono incontrare lungo la scala totemica.

Essi possedevano un rimedio quasi per tutto, comprese quelle atroci pause in prossimità delle temute lunghezze d’onda fondamentali, esseri fondamentali definiti come le tonalità base di una serie armonica, vale a dire, le componenti di frequenza minore di una vibrazione complessa – in corrispondenza delle quali gli sciamani erano costretti a fermarsi momentaneamente, per raccogliere i mezzi necessari a colmare un improvviso vuoto d’energia.

Lo shapeshifting sviluppato da questi antichi viaggiatori oggi ci aiuta a ridurre il trauma delle transizioni ed a rendere molto più delicati i passaggi intermedi, dando la possibilità ad un numero molto maggiore di sciamani di vivere fino a tarda età. Da allora in poi, lo shapeshifting divenne parte integrale dello sciamanismo, proprio come oggi.

Lo sciamanismo divenne progressivamente più strutturato, più formalizzato e ad un certo punto si spostò in Egitto, lasciando una traccia profonda sui principi fondamentali del Giudaismo di Mosè, un Israelita che visse come un regale egiziano durante il periodo della Schiavitù.

Lo sciamanismo tribale sumero-babilonese finì durante il periodo di Ramsete. Circa nello stesso periodo, un gruppo di professionisti sviluppò una tecnica di comunicazione con i defunti, un altro tipo di viaggio labirintico, che consisteva nel passare attraverso i corridoi dell’inferno e del mondo dei morti.

L’arte di guidare i morti attraverso l’inferno venne tramandata di padre in figlio; si trattava di un affare di famiglia. I praticanti di questa professione dipingevano le istruzioni per muoversi nel dopo-vita sui muri delle tombe oppure le descrivevano nei loro testi scritti.

Il Papiro di Ani è un esempio di queste istruzioni in forma pittorica, che si avvalevano del supporto di un testo geroglifico. Esso è giunto fino alla nostra civiltà occidentale ed è riemerso più tardi nella forma del Necronomicon, nel quale troviamo molto più di semplici istruzioni lineari per passare attraverso varie entrate, camere e corridoi delle dimensioni superiori.

Per eseguire correttamente le loro operazioni macrodimensionali, agli sciamani era necessario un totem, una serie verticale di forme disposte a mo di piramide (quelle singole, più grandi, in alto; le altre, più piccole e numerose, in basso), attraverso cui potevano effettuare il loro shapeshifting verso l’alto o verso il basso, riuscendo a volte a evitare di subire danni o addirittura di essere distrutti. Di solito, il totem era costituito da un bastone in pietra (petroglifi), o da un filo di perline, la cui funzione era quella di ricordare la totalità delle possibili forme morfologiche in cui lo sciamano poteva scivolare. Questi, infatti, durante il viaggio, poteva perdersi e dimenticare la sua collocazione nella mappa macrodimensionale.

Questi antichi sperimentatori, assumendo la forma di animali (cioè le loro caratteristiche ed i loro attributi), scoprirono degli importanti principi, che furono poi alla base dello sciamanismo egiziano dinastico e proto-dinastico. Gli attributi di certi animali li aiutavano ad estendere la loro forma molto al di là di quella del primate umano. Dovremmo comprendere che l’idea di base non sta nell’assumere l’effettiva forma di questi animali, ma nel fatto che questa forma può essere usata per suggerire i modi in cui la morfologia umana può essere espansa.

Le istruzioni contenute in testi come Il Papiro di Ani raccomandavano specifiche espansioni delle forme totemiche per ogni camera macrodimensionale rappresentante “il dopo-vita”. Per uno sciamano praticante questi simboli di animali avevano significati molto diversi da quelli che la moderna interpretazione archeo-antropologica attribuisce loro …

Essi avevano con gli animali una familiarità che noi non abbiamo, e li usavano per accostarsi alle caratteristiche degli esseri delle dimensioni superiori. Il loro uso delle forme animali era un sistema di notazione per guidare i viaggiatori al riconoscimento delle camere e dei loro macro-abitanti.
Approssimativamente questo corrisponde agli attributi dei differenti uccelli che troviamo come personaggi nella Conferenza degli Uccelli di Attar.

Il mezzo con cui lo sciamano riesce a viaggiare in su e in giù per tutta la gamma della scala dimensionale, evitando disastrose conseguenze e l’annullamento personale senza possibilità d’appello, è lo shapeshifting. Esso ha luogo durante gli intervalli che si producono sull’asse verticale macrodimensionale, rappresentati come figure su una scala ascendente e discendente.

Per quanto gli sciamani viaggiatori non possano essere veramente distrutti in modo permanente (e ciò costituisce per loro sia un problema sempre presente, sia una garanzia di continuità nel Lavoro), i loro messaggi e le loro conoscenze possono sempre venire distorti o dimenticati; ed essi stessi possono essere temporaneamente distrutti, il che è solo un po’ peggio di trovare mezzo verme nella mela che si sta addentando.

I totem adibiti allo shapeshifting erano in origine delle colonne cave, scolpite con forme (come quelle usate dai Maya nelle loro cerimonie religiose), al cui interno il viaggiatore sciamanico si arrampicava nei due sensi.

Lo scopo dei rituali era quello di attirare qualche entità superiore, facendola scendere attraverso il totem, che diveniva un parafulmine per la forma discendente, destinata ad avvolgere lo sciamano “totemizzato”.

Poi lo sciamano poteva abbandonare il totem, ed attraverso lui o lei, il macro-abitante poteva comunicare quale compito svolgesse nel mondo reale.

Gli iniziati potevano anche porre domande all’entità, ma per questo occorreva un’esatta conoscenza e comprensione del linguaggio macrodimensionale. Dovevano conoscere esattamente in quale modo estrarre delle informazioni affidabili dagli esseri macrodimensionali senza offenderli. Queste entità, di fatto, sembrano essere irascibili, durante i loro brevi (grazie a Dio) incontri con le specie inferiori.
Mediante la divinazione, lo sciamano cercava di scoprire quale entità fosse in collera con la tribù, o quale tra esse le avesse voltato le spalle. Poi iniziava a prepararsi per visitare quell’entità nella sua dimensione e nella sua camera, ed a questo scopo selezionava uno o più compagni adatti allo scopo che, agendo di concerto con lui nell’inscenare ed evocare un certo stato soggettivo, avrebbero meglio rappresentato quell’entità come somma di tutte le sue parti. Questo resta vero anche oggi, in tutte le pratiche sciamaniche.

Fino all’introduzione, negli anni ’30, delle leggi sulle droghe inspirate dalla mafia, si riteneva del tutto legittimo l’uso di qualche sostanza vegetale – funghi, erbe o piante – mediante ingestione o inalazione, per indurre in maniera veloce e sicura gli stati alterati che si desiderava raggiungere.
In epoca relativamente recente, circa nel 425 a.C., si giunse ad utilizzare gli attacchi epilettici e gli stati emotivo-isterici di trance autoindotti, divenuti poi molto popolari nelle loro versione moderna, in perfetto stile medianico, all’incirca negli anni ’20.
Lo sciamano d’oggi dispone di un potente dispiegamento di metodi d’induzione senza droghe, e può agire indipendentemente dall’uso di sostanze vegetali. Le tecniche mentali ed emotive sono sviluppate e diffuse su una vasta zona del mondo, e certi metodi d’induzione che una volta erano riservati a certi membri di società rigorosamente segrete, al giorno d’oggi si trovano anche nei libri in edizione economica.

Oggi gli sciamani eredi del Lavoro non sono ben accetti tra i loro contemporanei. Più spesso di quanto dovrebbe, ecco che qualcuno si fa avanti e scombussola la compiacente apatia dello status quo stabilito. Nulla impedisce ad uno sciamano di apparire in qualsiasi tipo di sistema, in quanto egli può usare qualunque serie di circostanze, visto che proprio su questo si basano lo sciamanismo e lo shapeshifting.

Quando uno sciamano non tribale, macrodimensionale orientato, si fa avanti, onde d’urto si espandono alla velocità del fulmine. Nelle mani esperte ma socialmente spietate di uno sciamano non tribale, ogni innocuo uso o credenza può diventare all’improvviso l’oggetto più esplosivo che si possa immaginare!

Un serio sciamano è destinato ad una vita d’esilio più o meno permanente, ad un isolamento perpetuo dal denominatore più comune; eppure, pur segregato in questa esistenza solitaria, egli ha un’indole poco disposta a ritornare al comune corso della vita quotidiana.

L’autentico sciamanismo non tribale rappresenta una vera forma di conoscenza, che si oppone (ma non in maniera aggressiva o militante) all’ignoranza della religione organizzata.

Lo sciamano prende a prestito la forma di qualsiasi cultura o sistema di credenze in cui gli succeda di trovarsi, e prontamente comincia a violare le convenzioni culturali, usando ogni elemento disponibile come strumento d’invocazione, riassemblandolo e smontandolo (e facendo lo stesso con se stesso in relazione a quell’elemento). Verrà perciò chiamato eretico fin dal momento in cui, subito dopo la sua dipartita, colore che lo denigravano inizieranno, come tipicamente avviene, a venerarlo e ad imbalsamare la sua memoria. Entro poche generazioni troveremo che tutto è stato finalmente appianato e che egli è stato nominato santo protettore di qualche corporazione di artigiani. Tutto quanto egli ha prodotto viene di nuovo esaminato, modificato e ridotto ad una forma accettabile, ripulito e sbiancato di qualunque imbarazzo o perplessità, ed immesso sul mercato per le generazioni future.

La sua prospettiva si fonda in parte sulla consapevolezza che le parole tendono ad essere decisamente inutili negli spazi superiori, e sul fatto che esse limitano lo spirito. Il suo animo libero cerca di sfuggire ai ristretti confini delle definizioni, delle descrizioni e dei giudizi che sorgono nella mente.

 

TOTEMISMO E CAMBIAMENTI DI FORMA
Viaggiando tra la dimensione umana e le superiori, usando potenti equazioni mentali ed emotive per produrre un costrutto concreto, un ascensore dimensionale, una scala totemica, il viaggiatore cambia forma e scala, scende, o fa entrambe le cose nello stesso momento lungo il totem.

Uno sciamano non dimenticherà mai gli scopi superiori del sé essenziale, nonostante le pressioni della macchina biologica, la quale, come tutte le altre macchine biologiche, occorre dirlo in tutta onestà, non condivide esattamente lo stesso nostro sconfinato entusiasmo per il Lavoro. Ma la macchina ci avrà servito egregiamente se solo avrà messo il sé essenziale in condizione di trasformarsi ed evolversi, procurandoci il potenziale post-umano per lavorare nel Lavoro, e non solo per il Lavoro o, peggio ancora, per noi stessi.

Queste istruzioni hanno lo stesso intento delle canzoni dei Bardi, memorizzate dai Druidi nella loro tradizione strettamente orale:

Sono stato una goccia nell’aria.
Sono stato una stella splendente.
Sono stato una parola in un libro.
Sono stato in Primo Luogo un libro.
Sono stato la luce di una lampada …
Un anno e un giorno …

Sono stato una spada nella mano.
Sono stato uno scudo in battaglia.
Sono stato la corda di un’arpa.
Stregata dal ciclo dei dodici mesi
Nella schiuma del mare.
Sono stato una fascina in un falò.
Sono stato una quercia in un bosco.
Non c’è niente
Che io non sia stato.

In musica, la natura esponenziale dell’espansione risulta evidente dal rapporto che vi è fra la frequenza di una nota della scala centrale e quella della stessa nota in un’ottava più alta, di modo che se la’ (sull’ottava principale) ha una frequenza di 440 hz, la’’ (sull’ottava successiva) ha una frequenza di 880 hz, e la’’’ (sull’ottava ancora superiore), ha una frequenza di 1.760 hz, e così via.

Gli intervalli all’interno dell’ottava, che possiamo definire come ritardi progressivi della lunghezza d’onda, periodicamente e parzialmente distrutti dall’interferenza e dall’assorbimento reciproco, sono governati interamente dalle relazioni matematiche che si sviluppano a partire da rapporti frazionati relativamente semplici, che vanno da 3/2 per gli intervalli consonanti della quinta giusta, a frazioni molto più complesse, per gli intervalli altamente dissonanti quali la seconda minore e la settima maggiore.

Noi ci discipliniamo al compito e alla schiavitù volontaria, volontaria, in quanto, anche se possiamo lasciar passare la coppa senza bere, per il momento, noi scegliamo di bere dalla coppa della vita, rinunciando alla pace che la morte ci donerebbe.

Noi amiamo la vita, non la respingiamo ottusamente. In questo sta il segreto della nostra grande capacità di presenza; accettiamo il nostro posto nel mondo e non cerchiamo rifugio nel sonno.

L’INIZIAZIONE DELL’ASSOLUTO
L’Assoluto è frammentario in un numero infinito di parti che assumono la forma di un labirinto multidimensionale. L’Assoluto, nella forma della Creazione, è il labirinto attraverso cui noi viaggiamo. Il Grande Lavoro è un tentativo di portare il cadavere della Creazione al più profondo stato di vitalità.

Ciò che chiamiamo “colore” è in realtà ciò che resta dell’intero spettro della luce bianca una volta che la maggior parte di essa è stata assorbita dai pigmenti dell’oggetto da cui è stata riflessa. I pigmenti sono quelli che assorbono la luce. Il colore è qualunque cosa rimanga dopo che la luce è stata riflessa da un oggetto.
Il colore che vediamo è l’unico che non è presnete nell’oggetto che stiamo osservando. Gli stessi oggetti, la loro stessa forma e sostanza, sono il prodotto di un’interferenza fra onde.

L’attento osservatore noterà che la Creazione vibra ad una frequenza di 60 hz, che corrisponde al fastidioso brusio prodotto dai suoni appartenenti alle armoniche inferiori. Comunemente questa nota fondamentale è chiamata aum o om, e richiama in qualche modo alla mente le righe orizzontali di un apparecchio televisivo fuori sintonia.
È questo ronzio a 60 hz che produce ciò che i viaggiatori definiscono, un po’ presuntuosamente, “i suoni dello spettro udibile del primato umano”. Da essi, per condizionamento ripetitivo, i primati umani hanno imparato a trarre qualche significato, il che dà l’impressione generale (ad un pubblico di poche pretese) di qualche forma rudimentale di comunicazione.

La frammentazione del suono genera tutta la materia, che può essere pensata come luce rallentata.

Gli antichi sciamani Sumeri e Babilonesi, avevano ottenuto una conoscenza di prima mano del fatto che la Creazione è un effetto involontario, e che non è stata creata a beneficio dei primati. Comprendevano inoltre che l’Assoluto è lo spirito vivente che tutto pervade e che è intrappolato nella sua involontaria Creazione.

Gli sciamani hanno imparato a produrre un cambiamento a lungo termine nella stessa Creazione, che senza questo loro intervento resterebbe fissa, cristallizzata. Questa loro scoperta viene oggi chiamata vincolare il Regno.

LA QUARTINA DEL VIAGGIATORE DEL LABIRINTO
Tutti i fenomeni è illusione.
Senza attrazione né repulsione.
Senza fare bruschi movimenti.
Le mie abitudini mi faranno procedere.

Tutti i fenomeni è illusione = intesi come una totalità
Senza attrazione né repulsione
Senza fare bruschi movimenti
Le mie abitudini mi faranno procedere = se tutti i fenomeni è illusione, e non siamo né attratti né respinti, e non facciamo movimenti bruschi, allora le nostre abitudini ci porteranno avanti.

Mentre ci siamo dentro, la creazione sembra possedere una sola forma, perché siamo accordati solo a tre dimensioni spaziali ed a una temporale. Da questo nostro limitato punto di vista, niente esiste all’infuori di questo.

Senza attrazione né repulsione: attrazione verso cosa? Repulsione verso cosa? Dai fenomeni, ovviamente! Tutto quello che possiamo vedere, annusare, toccare, assaggiare, sentire. Il tutto a cui ci riferiamo come “fenomeni” ha una natura attraente e repellente; questo indica che noi c’identifichiamo con esso e che per il momento siamo incapaci di vederne chiaramente la natura illusoria.
Ci identifichiamo con un fenomeno all’interno di una struttura fenomenica e, così facendo, dimostriamo di aver mancato di onorare il significato e l’importanza della prima idea, quella che Tutti i fenomeni è illusione.

Se si percepiscono tutti i fenomeni come illusione, allora si è capaci di non essere attratti o respinti, in quanto i fenomeni sono fenomeni.

L’atmosfera della camera avrà anche un odore unico. L’odore fa parte dello stato d’animo. L’odore è un fenomeno elettrico collegato all’ozono, ed esercita il suo effetto in quanto sia la macchina che l’atmosfera sono campi elettrici. Se cambiamo l’atmosfera, effettuiamo anche delle sottili alterazioni nel campo elettrico. Possiamo creare un’onda atmosferica spigolosa dall’odore acre. Possiamo anche percepire odori delicati e morbidi. Tutto quanto conosciamo nel mondo fenomenico è percepibile in termini di onde, e dunque in termini di odori.
Gli oli essenziali possono essere usati per creare un odore atmosferico che può aiutarci a trovare la strada verso una particolare camera, dimensione o direzione; possiamo rinvenire una particolare camera seguendo l’odorato.

Il Cuore del labirinto si trova al centro, ed è pure il labirinto nella sua totalità … sia il centro che la circonferenza. È importante ricordare questo, perché quando siamo nel centro, non solo siamo nel Cuore del labirinto, ma siamo il labirinto stesso nella sua interezza.

Il cervello non possiede sufficienti unità d’attenzione da potersi espandere in intere camere; esso si limita a percepire solo i dettagli presenti in un singolo oggetto. L’unico modo per percepire con la necessaria chiarezza tutti i dettagli è quello di bypassare il cervello.

Dobbiamo forzarci a superare i limiti percettivi della macchina. Questo è particolarmente necessario per viaggiare nel labirinto, poiché solo vedendo un numero sufficiente di dettagli possiamo procedere in modo corretto.

Volontà, Presenza ed Attenzione; Padre, Figlio e Spirito Santo; forma affermativa, negativa e riconciliante/catalitica, possono essere tutti nomi che diamo ai mattoni base, come pure alle cose che li costituiscono.

Qualunque tripletta di nomi o titoli andrò bene, se comprendiamo che essa rimanda ai mattoni basilari della Creazione, agli elementi che, ripetuti secondo certi modelli, producono un’equazione in codice binario, con il quale possiamo forse aver più familiarità. In questo caso abbiamo a che fare con equazioni basate su un codice “trinario”.

Di questi tre distinti mattoni base, l’uno è il predicato dell’altro; non c’è primo, secondo e terzo, sono tutti equivalenti; ognuno di essi esiste perché esistono gli altri due. Da questo continuum, possiamo selezionare tre altri elementi in ordine discendente o ascendente, e continuare a costruire con essi.

I viaggio nel labirinto sono, nel senso più ampio, dei viaggi d’affari. Durante un viaggio d’affari, una certa dose di piacere va bene, ma sempre che non vada a discapito degli affari …

Se diamo per scontato di essere nel settore umano, nel nostro personaggio umano, con le sue caratteristiche umane, è perché la nostra attenzione non è concentrata sul fatto che stiamo viaggiando in dimensioni molto superiori.

COMPETENZA MACRODIMENSIONALE
Spesso, quando pensiamo di star dando il meglio, stiamo dando il peggio, e quando pensiamo di star dando il peggio, stiamo dando il meglio. Ma possiamo star sicuri che se navighiamo nelle macrodimensioni con presenza e attenzione, il nostro funzionamento nella camera del Lavoro si conforma sempre ed automaticamente alla legge; non possiamo fare a meno di agire correttamente.

Se dovessimo sentirci disperatamente disorientati e confusi nel desolato territorio senza sentieri del labirinto, potremmo decidere di “staccare velocemente la spina” (un termine tecnico che indica una ritirata da attacco di panico).

Sono sempre
le piccole cose insignificanti
che si rivelano essere
le Chiavi principali.

LA VITA NEL LABIRINTO
Lavoriamo per superare la paura di scoprire quanto orribile è la situazione e per raggiungere il Cuore del labirinto, dove potremo svolgere uno specifico compito: vedere la Creazione come un tutto ed infonderle vita, anche se solo per un momento.

L’intera nostra relazione con l’Assoluto può essere meglio riassunta dall’idea che l’Assoluto è a caccia di esseri umani e che l’occupazione principale di questi ultimi pare essere quasi interamente quella di proteggersi dall’assoluto. Tutti i nostri coinvolgimenti, occupazioni, piaceri e dolori sono difese protettive, che agiscono da barriera tra noi e l’Assoluto. Potremmo dire che tutta la nostra vita è una lotta contro l’eternità. Questa catastrofica lotta del primate è una chiara dimostrazione della sua fuga dall’Assoluto e dai mondi macrodimensionali che Esso ha lasciato nella sua immediata scia.

In un senso molto reale, noi ci siamo deliberatamente perduti nei livelli più bassi del labirinto, immergendoci nelle frivole occupazioni della vita del primate umane, che ci riparano in modo efficace dall’esposizione all’Assoluto o, per la precisione, da qualunque cosa vada anche soltanto un poco oltre il mondo dei primati.

Capire che il tempo non esiste ci mette in grado di afferrare l’idea che l’Assoluto non ha fretta di ottenere risultati dalla Creazione.

Gli esseri macrodimensionale non vanno da nessuna parte e non hanno alcun luogo dove andare; al loro livello d’esistenza, non c’è abbastanza massa-energia da consentire loro di spostarsi; tutto è contenuto nella camera che essi occupano.

Ma noi … noi ne abbiamo di posti dove andare! Abbiamo cose da fare, gente da incontrare … noi umani abbiamo degli affari così importanti da condurre, dei giochi da primate talmente vitali da giocare, una tale necessità di fare spese … così tanti negozi e così poco tempo!

Dovremmo provare pietà per questi esseri macrodimensionali che non possono nascondersi in alcun luogo e che non hanno niente da fare, eccetto il loro oggettivo lavoro all’interno delle loro camere di natura eterna, e certamente nulla da comprare … a meno che, naturalmente, la loro camera non somigli ad un supermercato.

Dobbiamo avere il coraggio di esplorare al di là delle limitazioni auto-imposte dei primati umani, aprendoci all’implorazione silenziosa che proviene dall’interno, che ci tormenta l’anima e che è sempre stata la nostra guida attraverso gli oscuri ed opprimenti passaggi che ci siamo lasciati alle spalle, e che ancora ci aspettano sul cammino, se pure ad un’immaginabile distanza da noi.

Lo sviluppo di questa capacità dipende dagli atteggiamenti interiori, dalle attitudini naturali e dalla più potenze di tutte le discipline, la disponibilità a rimandare la gratificazione. In parte, per circa il novanta per cento, dipende anche dal caso e dalle circostanze …

Dovremmo servirci della volontà e dell’attenzione del sé essenziale, applicate in modo molto libero, ma strettamente metodico, sotto la guida del buon senso. Sarà necessaria anche una forte disciplina, e qul tipo di profondo rispetto per le dimensioni superiori che ogni buon elettricista sviluppa nei confronti della corrente a 240 volt.

Lo sciamano superiore trarrà vantaggio dall’imparare a sottrarsi a tutti quegli obblighi standard dei primati, così cari al cuore delle scimmie, non-così-poco-pelose-come-farebbe-loro-piacere-credere, della varietà umana.

Dedicheremo migliaia di ora alla pratica ripetuta di un cerchio d’invocazione, solo per giungere alla fine a capire che forse è più urgente affrontare le nostre paure (e l’aggressività che esse generano in noi) del mondo macrodimensionale, e raggiungere progressivamente una posizione che ci condurrà faccia a faccia con … cosa?

Proprio questa paradossale fonte di attrazione e repulsione ha prodotto dentro di noi, in modo consistente e per tutta la vita, quella tormentosa ossessione quasi viscerale che conosciamo così bene; per fortuna, adesso ne conosciamo la causa, se non la cura.

Ci si aspetta che il disciplinato sciamano resti rilassato e calmo durante l’esposizione al pieno impatto della realtà macrodimensionale. La realtà … un dannato sporco trucco da giocare all’ignaro viaggiatore …

Raggiungiamo il primo grado di perizia sciamanica quando siamo capaci di eseguire l’esercizio della Preghiera Oggettiva o Preghiera Assoluta.

Lo stato d’animo iniziale della Preghiera Assoluta, nel nostro tentativo di far resuscitare i morti nel senso originario del Nuovo Testamento, vale a dire, di portare in vita il cadavere della Creazione, è molto vicino ad un intenso, quasi intollerabile, stato emotivo di oscuro terrore ed involontaria ripugnanza per il fatto di essere permanentemente attaccati (voglio dire eternamente), quasi come dei gemelli siamesi, ad un’entità cadaverica enorme su scala inimmaginabile, emozione mista a un sentimento di imminente rovina, condito da generose dosi di totale fatalistica inevitabilità.

Mentre ci apriamo emotivamente e “percettivamente” a questa rattristante visione che i tibetani hanno tentato per anni di farci accettare, faremo inevitabilmente esperienza di un attanagliante sentimento di ribrezzo, che sorge dalle profondità della nostra più intima immobilità, e diviene sempre più insopportabile, anche se i tibetani lo considerano molto divertente.

Se siamo in grado di non farci attrarre, né respingere, entreremo allora in un soggettivo stato di ammutolito terrore; ma dobbiamo acconsentire a restare temporaneamente impassibili nel bel mezzo del nostro terrore, senza indugiare troppo sull’aspetto intollerabile di questo confronto. Presto s’insinuerà in noi un sentimento d’impotenza (perché non possiamo fare nulla per avvicinarci allo stato di veglia) e di profonda e disperata speranza …

Potremo poi, di sfuggita, osservare quanto sia ironico il fatto che tutto questo duri in eterno, accorgendoci d’improvviso, forse per la prima volta, che davvero non finirà mai, e che non esiste alcuna figura reale al di fuori del soggettivo stato di sogno delle dimensioni inferiori …

Mentre siamo immersi in tali sensazioni di orrore, mentre si insinua in noi la consapevolezza dell’eterno attaccamento ad un cadavere fluttuante, sostenuto da qualche inconoscibile, immenso campo elettromagnetico ad alta intensità … mediante la nostra percezione, nitida, viva ed intensa come non è mai stata, riusciamo a catturare una visione, chiara come il cristallo, dell’immensità del cadavere della creazione. Nel far ciò, può prospettarsi la necessità, in termini sciamanici, di combattere l’impulso automatico ad offuscare la visione, e di mettere invece chiaramente a fuoco, da vicino ed amorevolmente in ogni dettaglio, questo inerte, eppure animato (a volte perfino erotico) cadavere.

… La sbalorditiva inspirazione del Respiro Classico provoca in noi una riverberazione, un formicolio elettrico che s’impossessa di noi mentre si fa strada la comprensione, e ci permette di trasformarci all’istante in parafulmini viventi per la discesa dell’Assoluto dentro di noi e attraverso di noi, giù per il totem, nella progressione di formazioni macrodimensionali che si succedono dal mondo supremo fino al più basso, quello dei minerali cristallini – sorprendentemente il meno denso, poiché possiede la minor quantità di massa-energia nelle sue camere nucleiche e la massima quantità di massa-energia nel suo ambiente circostante – vicino al quale troviamo il mondo dei primati umani, alacremente impegnati a spazzar via ogni forma di vita autenticamente intelligente come il delfino, la melanzana ed il pomodoro.

Funzionando sciamanicamente come parafulmini, forniamo il contatto elettrico e topologico; agiamo da totem per la discesa e la salita simultanea di forme dimensionali, dal più basso al più elevato livello dimensionale e perciò, poiché occupiamo l’intero totem, siamo l’intero totem, e mentre ciò avviene possiamo sentirlo.

Durante la pratica della Preghiera Assoluta, dobbiamo assumere la postura, lo stato d’animo soggettivo e la posizione cognitiva dell’Assoluto, suggeriti dalle rappresentazioni scultoree di quell’Uomo della Croce, che abbiamo appena intravisto nella sua realtà. Dobbiamo mantenere questa postura immobili ed in silenzio, quanto più a lungo possibile, o quanto meno, contando lentamente 24 cicli completi di inspirazioni ed espirazioni, corrispondenti ad un intero ciclo creativo, regolato dal “respiro” dell’Assoluto.

La Preghiere Oggettiva, è un tentativo di usare le forze dell’amore ben controllate (in senso oggettivo) e l’attenzione del sé essenziale, per aiutare la Creazione a riportare se stessa in vita, quanto meno momentaneamente.

EPILOGO – La forza dell’attenzione
Dopo aver tentato ripetutamente di penetrare nel labirinto, torneremo al punto di partenza, chiedendoci qual è il segreto del viaggio sciamanico. La risposta è facile: tutto dipende dall’attenzione. Tutti possediamo questo strumento, il resto sta a noi.

Se il viaggiatore ha visto queste cose, ed assaggiato l’eterna, familiare tristezza dell’Assoluto, nonché il suo vero rapporto con le macrodimensioni, sentirà probabilmente lo struggente ed insopportabile desiderio di trovare il Cuore del labirinto, pur non cessando di sentirsi disturbato dallo scarso successo dei suoi sforzi e frustrato per il fatto di non sapere come continuare.

Ma possiamo lavorare soltanto con ciò che abbiamo a disposizione; ci occorrono solo attenzione, presenza e volontà. Ciò che ci resta della nostra vita di primate, e di cui non abbiamo bisogno è l’attaccamento meccanico e l’attenzione bloccata.

Il nostro coinvolgimento nelle occupazioni dei primati è uno degli ostacoli principali che incontriamo nel nostro lavoro, in quanto ci impedisce di vedere dove ci troviamo all’interno del labirinto, e dove potremmo esser in grado di andare.

Cosa ne facciamo della nostra attenzione, la cosa più preziosa che possediamo? La sprechiamo stupidamente in cose triviali, le permettiamo di essere catturata e deviata, ed accettiamo la totale dispersione organica dell’energia di cui disponiamo per lavorare, la quale è estremamente limitata.

Dobbiamo, dunque, rivedere in modo spietato la scala dei nostri valori e riconsiderare, senza compromessi, su quali cose valga la pena di fermare la nostra attenzione, minuto per minuto. Se faremo questo, riusciremo a resistere alla pressione esercitata dalle dimensioni inferiori, ed inizieremo a vederle come il puro riflesso del nostro profondo stato di sonno.

Cominceremo a percepire la devastante influenza delle occupazioni dei primati, che distolgono l’attenzione dalla prospettiva macrodimensionale. Questo meccanismo ci spinge inevitabilmente a scivolare verso le (pre)occupazioni più triviali del settore umano.

Dobbiamo fare nostra l’attenzione del sé essenziale, e poi sviluppare la volontà di porre, ritirare, riporre, espandere e concentrare l’attenzione; di indirizzarla dove vogliamo; e di mantenerla viva, senza interferenze, per tutto il tempo che desideriamo. Senza questa prima capacità, non abbiamo alcuna base su cui poggiare la nostra speranza di lavorare seriamente nelle macrodimensioni.

Le nostre percezioni sono così impregnate di significati da primate umano che possiamo star certi della loro erroneità. Sono erra perché frutto delle nostre allucinazioni, in genere, non vediamo quello che c’è, ma solo quello che ci aspettiamo ci sia.

Le nostre sensazioni però, se ci siamo allenati in attività che sviluppino la sensibilità (attività elevate, intuitive, indagatrici, penetranti e complete, utilizzando la nostra presenza come apparato sensorio, e non le sensazioni della nostra macchina), possono diventare affidabili, specialmente quando siamo in uno stato macrodimensionale, e rivelarci la verità al di là delle allucinazioni visive.

Dobbiamo imparare a percepire le cose come esse sono, non come la nostra mente desidera che siano. Questo atteggiamento non è per niente facile da sviluppare. Tutto sommato, richiede solo che noi addestriamo di nuovo tutto il nostro apparto percettivo ed il sistema con cui elaboriamo le informazioni, e che gettiamo via tutto ciò che desideriamo credere, cioè gli occhiali dipinti che ci fanno apparire la Città di Smeraldo.

Fin quando il nostro cervello sarà la sorgente della nostra consapevolezza e della nostra attenzione, che rappresentano per noi e per gli altri la totalità della nostra esistenza, continueremo a produrre queste allucinazioni cerebrali, e saremo destinati a seguire la macchina nelle sue identificazioni. La nostra attenzione continuerà a frammentarsi in pezzettini infinitesimali al presentarsi di ogni nuova distrazione; continueremo a sorprenderci coinvolti nel banale significato socio-emotivo degli eventi, mentre insceniamo la telenovela quotidiana della nostra vita di primati.
Alla fine, arriveremo a capire che ciò che stiamo cercando è ciò che siamo, che non importa come ci sentiamo, non importa cosa pensiamo di noi stessi al momento, noi non possiamo essere altro che ciò che stiamo osservando. Vedremo che se abbiamo un’immagine di noi stessi, è solo perché desideriamo avere un punto di vista da cui osservarci, ma che in realtà stiamo solo guardando ciò che siamo. Non possiamo guardare nell’altro che noi stessi.

Siamo soli, eppure non lo siamo. Un giorno dovremo arrivare ad accettare che il nostro eterno destino è quello di essere parti di un singolo essere, completamente solo, circondato da luccicanti allucinazioni, che non sono altro che la visione danzante che sprizza fuori dal dolore dell’eternità.

POSTFAZIONE DELL’AUTORE
Il nostro senso dì identità trae origine dalla macchina biologica umana, e ad essa è collegato; ci offre un’idea di noi stessi molto specifica e apparentemente sana, che per l’ignorante ed il non iniziato pare molto stabile e priva di variazioni.

Iniziando a lavorare con l’espansione morfologica, la nostra morfologia cessa di esser limitata dalla forma della macchina biologica umana. Cominciamo a comprendere che siamo capaci di entrare in contatto con un’unità molto più vasta, con un senso d’identità molto diverso ed una volontà estesa ed impersonale, di non essere più soltanto dei primati; la nostra identità complessiva diventa più composita, più cosmopolita a livello cosmologico.

Se riusciamo ad estendere la morfologia anche di poco oltre la sfera del primate, abbiamo già esteso la nostra vita, in quanto adesso iniziamo ad esistere in territori dove la macchina biologica umana non esiste, ma la nuova morfologia sì; si tratta di una vera estensione della vita, molto al di là del significato biologico dell’espressione.

La totale attenzione corporea è una necessità, ai fini dell’estensione morfologica. Ci espandiamo verso l’esterno, usando come base la piattaforma fornita della macchina e facendo ricorso alla più piena attenzione e alla massima presenza. Quando ci estendiamo, dobbiamo adeguare la nostra attenzione e la nostra presenza a quelle del territorio in cui stiamo entrando. L’armonizzazione delle impedenze produrrà un’automatica riconciliazione delle forze della presenza e dell’attenzione, permettendo la fusione di due domini precedentemente inconciliabili.

APPENDICE III – Il libro di Zog
Molti autori esoterici si sono riferiti ai Dervisci Yazidi (chiamati più precisamente Fratellanza Sarmoung) della regione Curda dell’Armenia, come a “gente interessante ed insolita che nasconde un grande e terribile segreto”. Il segreto è, er era, il Necronomicom, un libro d’istruzioni per comunicare con Esseri di Altre Dimensioni. Questo libro è la diretta trascrizione su carta della Antiche Tavolette d’Argilla Sumere in scrittura cuneiforme, da loro chiamate il Libro di Zog e tradotte al giorno d’oggi come Il libro dei morti.

Gli Yazidi preservano in effetti molto più che le originali Tavolette di Zog, in quanto riuscirono a salvare anche una Cripta-santuario, costruita dagli antichi Sumeri quando arrivarono per la prima volta da Mohenjo-Daro, oggi Pakistan Occidentale.

È all’interno di questo santuario che anche al giorno d’oggi avviene la Danza dei Maestri Segreti, eseguita esattamente come lo era nell’antichità, come accertato confrontandola con i rotoli cilindrici,. Le pitture e i bassorilievi murali.

Derivano da questa tradizione anche la danza Sema del poeta Rumi, ed i movimenti di Gurdijeff e Ouspensky, Isadora Dunca ed altri.

Tutta la magia moderna deriva da un’antica fonte: la Magia Sumera. I Babilonesi, gli Egizi, i Caldei, gli Assiri, gli Ebrei e la successiva civiltà occidentale impararono la magia e i rituali da quella grande, antica fonte, i maghi sumeri.

Il Grande Papiro di ani, proibito ai non iniziati fin dai tempi più antichi, è una diretta traduzione delle Tavolette cuneiformi dette il Libro di Zog, che è sempre stato lasciato vicino al defunto in tutte le tombe importanti, dall’alba della città sumera fino a tutto il periodo dell’Impero Acmenide.

Anche al giorno d’oggi, la Bibbia ed altre scritture religiose vengono talvolta lasciate nelle tombe per essere usate come guida nel Dopovita.
Sumer è un nome collettivo dato generalmente ad una zona del Medio Oriente nota oggi come Iraq. Gli archeologi si riferiscono ad essa come alla Mesopotamia, mentre le popolazioni arabe locali la chiamano l’Isola, intesa come un importante territorio situato dove le due maggiori vie d’acqua, i fiumi Tigri ed Eufrate, confluiscono e dove s’incentrava il commercio ed il governo.

Proprio qui sorgevano le città di babilonia ed Ur dei caldei, mentre Ninive era un poco più a nord.

Ognuna delle Sette Città di Sumer (come i Sette Colli di Roma) era guidata da una deità differente. Si riteneva che ognuna di queste dominasse l’universo da una diversa “dimensione” o, come si direbbe oggi, da una diversa postazione sulla scala (o spettro) della realtà.

I Sumeri provenivano da Mohenjo-Daro, nella valle dell’indo. Una loro colonia si stabilì in Mesopotamia per un po’ di tempo, prima di venir completamente assimilata dagli Assiri, di cui i moderni Siriani sono i discendenti.

Gli Assiri fecero quello che fanno tutti i conquistatori: adottarono lo stile di vita ed i costumi dei loro prigionieri, e alcuni dei loro schiavi divennero i precettori dei loro figli, proprio come gli studiosi greci furoni usati per insegnare ai figli dei loro vincitori, gli aristocratici romani. Questo assicurò la sopravvivenza della cultura sumera.

Presto gli Assiri adottarono i rituali magici sumeri ed allinearono la Vecchia Religione ed i suoi Dei ai loro scopi, seguendola alla lettere, al punto che, di fatto, il Sumero divenne la lingua ufficiale dei sacerdoti, proprio come il latino divenne la lingua ufficiale della religione cattolica, come pure della classe medica e di quella giuridica.

Sumer fu la continuazione della civiltà di Mohenjo-Daro, la culla della civiltà moderna. Da Sumer, che era un vasto avamposto, anche se non l’unico, della cultura della Valle dell’Indo, vennero le prime forme codificate di astrologia, astronomia, calcolo, geometria, scrittura e notazione matematica.

In civiltà successive, come quella egizia del Nilo, i rotoli di papiro del Libro dei Morti, noto come Papiro di Ani, venivano collocati nelle tombe dei nobili, come pure in quelle dei membri della famiglia del faraone e in quelle dei suoi schiavi, proprio come i primi sumeri vi deponevano la loro versione scritta su tavolette d’argilla in caratteri cuneiformi, che fu la base del Libro Egiziano dei Morti, il quale venne scritto circa 3000 anni dopo.

Necronomicon è il nome dato dal romanziere gotico H.P. Lovercraft, da August Derleth, da Robert Bloch e da altri, al Libro di Zog, o Libro sumero dei morti, nel quale gli dei sumeri vengono invitati al funerale ed al passaggio/transito degli spiriti nel mondo sotterraneo ed oltre.

Questo manoscritto fu originariamente trascritto da un saggio oggi conosciuto come Thoth, una forma deificata del suo vero nome, che probabilmente era Tahu-ti.

Thoth, o Tahu-ti, era un insegnante della corte Sumera, chiamato Ermete dagli antichi greci e riconosciuto oggi come il fondatore della Tradizione Ermetica, che discende direttamente dalla Tradizione Sumerica.

Anche nell’antichità i praticanti della Vecchia Religione erano perseguitati e giustiziati, proprio come nell’infame processo alle streghe di Salem dell’Era Cristiana e nella precedente, ed anche più sanguinosa, inquisizione guidata dal feroce Torquemada.

Il rituale principale, nella pratica degli antichi Sumeri, era in Vortice, detto anche la Spirale o la Doppia Elica, termini con i quali si cercava di descrivere i complessi e vorticosi movimenti della danza.

I seguaci della Wicca seguono la stessa Antica Tradizione, che fu caratterizzata dall’esperienza di selvaggia soppressione da parte delle prime culture europee occidentali post-romane. Se l’antica religione di Wicca non fosse stata definita anti-cattolica, non avrebbe mai assunto la forma che ha oggi.

Non Satana, che era l’antico Re assiro nominato nella Bibbia, ma il Satanismo, il culto del Diavolo, è stata a buona ragione definito un’invenzione della Chiesa Cattolica per mantenere il suo potere.

Nel valutare l’opera della Chiesa dei Primi Giorni, occorre tenere conto, che questa era comandata dagli stessi uomini che portarono al potere e successivamente fecero gli imperatori romani; pur avendo perduto il controllo militare, essi riuscirono comunque a amntenere il potere durante il Medio Evo, attraverso la Paura e la Superstizione, quando l’ignoranza era il modo attraverso cui la popolazione veniva tenuta sotto controllo.

Tutto ciò si basava sulla Vecchia Religione dei Sumeri, in cui la Deità Lunare, Nanna (chiamata poi Sin dagli Assiri) governava il Mondo Sotterraneo Lunare, il mondo attraverso cui tutte le Anime Morte devono passare.

Qui è interessante notare che la Figlia di nanna, i-Nanna (chiamata oggi Inanna) passò tre giorni nel Mondo Sotterraneo prima di ascendere al Trono, e dopo il suo passaggio fu avvisata dai suoi quattro discepoli, le Quattro Bestie dell’Eternità, rappresentate nel pantheon egizio dai Quattro Figli di Horus.

I Sumeri, nelle loro tavolette cuneiformi, registrarono anche un Grande Diluvio.

Nel caso pensaste che si trattava di una cultura primitiva, considerate solo quanto segue.

Gli antichi Sumeri, nel 4500 a.C., avevano già sviluppato:
Riscaldamenti centralizzati
Batterie
Motori a vapore
Materie plastiche
Vetro strumenti chirurgici simili a quelli di oggi
Odontoiatria
Neurologia
Urologia più progredita di quella moderna
Cartografia
Astronomia
Matematica superiore
Biblioteche
Alianti
Storia culturale e religiosa in forma scritta
Un progredito sistema di governo
Un progredito sistema giuridico, il primo conosciuto nel mondo occidentale
Tattiche di cavalleria
Catene di comando
Arte muraria in pietra
Cottura a vapore
Magazzini di granaglie
Controllo degli infestanti vegetali ed animali
Orologi
Un accurato calendario solare/lunare
Agricoltura
Produzione di pane
Cucito
Biancheria intima
Cosmetici
Teatro
Letteratura
Poesia
Danza
Rituali religiosi
… e la lista potrebbe continuare. Avevano tubature idrauliche domestiche, pavimenti in catrame e cemento, case in affitto, ristoranti, compagnie di assicurazione, caramelle, giocattoli, città turistiche, collezionisti d’arte, anelli, braccialetti, parrucche, cosmetici per il viso, sali da bagno … sorprendente! Come nella nostra cultura! Forse erano solo un po’ meno violenti. 


Dunque, ecco a cosa ci si riferisce al giorno d’oggi, quando si parla della Tavola Smeraldina di Ermete o del Libro dei Morti: a testi che si rifacevano all’ancora più antico Libro di Zog.


Fonte:  La vita nel Labirinto


 





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