Riflessioni

Una Visione del Paradiso

Un giorno, gli abitanti di un villaggio chiesero ad un Profeta di descrivere l’inferno. Dopo aver meditato a lungo, il Profeta disse: “dovete immaginare un immenso salone delle cerimonie. Al centro di questo salone c’è una tavola imbandita con ottimo cibo e pregiatissimi vini. Seduti a tavola ci sono tanti ospiti. Sono tutti affamati e sono tutti molto tristi, perché hanno posate lunghissime legate ai gomiti: possono infilzare il cibo, ma non riescono a portarlo alla bocca”.

Al che, il capo del villaggio domandò: “Ed il paradiso? Come è fatto il paradiso?”

Il Profeta rispose: “dovete immaginare il paradiso come se fosse un immenso salone delle cerimonie. Al centro di questo salone c’è una tavola imbandita con cibo succulento e pregiatissimi vini. Seduti a tavola ci sono tanti ospiti. Sono tutti affamati ed hanno posate lunghissime legate ai gomiti”.

Udite queste parole, la folla iniziò a rumoreggiare, ma solo il matto del villaggio ebbe il coraggio di prendere la parola ed obiettare: “Ma cosa state mai dicendo? Il Paradiso e l’Inferno sono dunque la stessa cosa?”

Allora il Profeta rispose: “Ti sbagli, amico mio. Le persone che siedono a tavola in Paradiso sono felici perché hanno capito che possono darsi da mangiare gli uni con gli altri”.

Alcuni autori attribuiscono la paternità di questo racconto a Buddha, altri a Mao, altri ancora ad Oliver Sacks.

Riflessioni

Un pensiero di Paulo Coelho sulla felicità

“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.
Invece di trovare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c’era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto.
Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.
Nel frattempo, voglio chiederti un favore, concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d’olio. Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.
Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio.
Allora, gli domandò questi, hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?’
Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio che il Saggio gli aveva affidato.
Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo, disse il Saggio. Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.
Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d’arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto.
Ma dove sono le due gocce d’olio che ti ho affidato? domandò il Saggio.
Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.
Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti, concluse il più Saggio dei saggi.
Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino”.

Riflessioni

Un consiglio per evitare brutte figure sui Social

Tra i comportamenti più superficiali e stupidi riscontrabili sui social ai giorni nostri, ci sono quelli dei CII, ovvero, i commentatori-impulsivi-incontinenti.
Si riconoscono all’istante, sono quelli che commentano impulsivamente qualsiasi immagine vedano, senza leggere assolutamente ciò che c’è scritto sotto o nel link riportato, commettendo il più delle volte degli errori clamorosi di valutazione, e rendendosi ridicoli agli occhi degli altri.

Questi poveretti sono destinati a rimanere a poco a poco senza amici, soprattutto se tra i loro amici ci sono persone che non sono superficiali.

Fate quindi molta attenzione a quello che scrivete nei commenti, il consiglio è di leggere bene prima di esprimere giudizi avventati: cliccate sul link, se c’è un link, o leggete la didascalia della foto, ma non basatevi solo sulla prima impressione superficiale, perchè spesso è quella sbagliata e rischiate di sembrare stupidi agli occhi degli altri.

A livello sociale non esiste probabilmente niente di peggio della superficialità. Viviamo in una società che ci spinge a comportarci almeno in parte superficialmente, illudendoci che serva a non rimanere soli. Nulla di più sbagliato oggi, con l’avvento dei Social è esattamente il contrario.

Essere superficiali significa molto semplicemente non riflettere attentamente sulle cose, sulle situazioni, sui rapporti umani, su se stessi. La conseguenza del poco riflettere sta nel mettere in atto comportamenti che sono fin da subito, o comunque nel lungo termine, dannosi per il prossimo, per la collettività e soprattutto per la propria persona.

Un classico esempio di superficialità è la mancanza di educazione. Gli altri non vengono più visti come essere umani simili a noi, meritevoli dunque di rispetto e attenzione, ma come “mezzi” da utilizzare per ottenere determinati fini, se non addirittura come veri e propri ostacoli lungo il nostro cammino. Questo modo poco sano di vedere la vita ci porta a mettere in atto comportamenti superficiali, dannosi e spesso pure stupidi. Il maleducato non è altro che una persona superficiale, che non pensa alle conseguenze di ciò che sta facendo e manca della necessaria sensibilità per mettersi nei panni degli altri. Potremmo dunque inquadrare la superficialità come una mancanza di sensibilità, che di fatto è una mancanza di intelligenza.

Riflessioni

Tutti i significati della parola FUCK (fottere)

Un divertente, esilarante Osho che gioca con i molteplici significati del termine “Fuck”. Il video è sottotitolato in italiano, ed é un piccolo capolavoro di destrezza linguistica che ci ha lasciato in eredità Osho, scomparso nel 1990. Il titolo di questo video è: Strane fottute conseguenze, Spiritualmente Incorretto 🙂

“Questo mondo non è una creazione separata dal divino. È divino. E ogni cosa è solo un gioco. E dio non è il tuo giudice, perché non è separato da te. Lui è te! Permetti al tuo divino di essere giocoso, permetti al tuo divino di danzare, cantare e celebrare… e solo allora si rivelerà a te.” (Osho)

Riflessioni

Sviluppo spirituale e disturbi neuropsichici

di Roberto Assagioli 

(scritto e pubblicato nel 1933)

Lo sviluppo spirituale dell’uomo è un’avventura lunga e ardua, un viaggio attraverso strani paesi, pieni di meraviglie, ma anche di difficoltà e di pericoli. Esso implica una radicale purificazione e trasmutazione, il risveglio di una serie di facoltà prima inattive, l’elevazione della coscienza a livelli prima non toccati, il suo espandersi lungo una nuova dimensione interna.

Non dobbiamo meravigliarci perciò che un cambiamento così grande si svolga attraverso vari stadi critici, non di rado accompagnati da disturbi neuropsichici e anche fisici (psicosomatici).

Questi disturbi, mentre possono apparire all’osservazione clinica ordinaria uguali a quelli prodotti da altre cause, in realtà hanno significato e valore del tutto diverso e devono venir curati in modo ben differente.

Attualmente poi i disturbi prodotti da cause spirituali vanno divenendo sempre più frequenti, poiché il numero di persone che, consciamente o inconsciamente, sono assillate da esigenze spirituali va divenendo sempre maggiore.

Inoltre, a causa della maggiore complessità dell’uomo moderno e particolarmente degli ostacoli creati dalla sua mente critica, lo sviluppo spirituale è divenuto un processo interiore più difficile e complicato.

Per questa ragione è opportuno dare uno sguardo generale ai disturbi nervosi e psichici che insorgono nei vari stadi dello sviluppo spirituale, e offrire qualche indicazione riguardo ai modi più adatti ed efficaci per curarli.

Nel processo di realizzazione spirituale si possono osservare 5 stadi critici:

Le crisi che precedono il risveglio spirituale;
Le crisi prodotte dal risveglio spirituale;
Le reazioni che seguono al risveglio spirituale;
Le fasi del processo di trasmutazione;
La “notte oscura dell’anima.

 

1. Crisi che precedono lo sviluppo spirituale

Per ben comprendere il significato delle singolari esperienze interiori che sogliono precedere il risveglio dell’anima, occorre ricordare alcune caratteristiche psicologiche dell’uomo ordinario.

Questi, più che vivere, si può dire che si lasci vivere.

Egli prende la vita come viene; non si pone il problema del suo significato, del suo valore, dei suoi fini. Se è volgare, si occupa solo di appagare i propri desideri personali: di procurarsi i vari godimenti dei sensi, di diventare ricco, di soddisfare la propria ambizione. Se è d’animo più elevato, subordina le proprie soddisfazioni personali all’adempimento dei doveri familiari e civili che gli sono stati inculcati, senza preoccuparsi di sapere su quali basi si fondino quei doveri, quale sia la loro vera gerarchia, ecc. Egli può anche dichiararsi ‘religioso’ e credere in Dio, ma la sua religione è esteriore e convenzionale, ed egli si sente ‘a posto’ quando ha obbedito alle prescrizioni formali della sua chiesa e partecipato ai vari riti.

Insomma l’uomo comune crede implicitamente alla realtà assoluta della vita ordinaria ed è attaccato tenacemente ai beni terreni, ai quali attribuisce un valore positivo; egli considera così, in pratica, la vita ordinaria fine a se stessa, e anche se crede a un paradiso futuro, tale sua credenza è del tutto teorica e accademica, come appare dal fatto, spesso confessato con comica ingenuità, che desidera di andarci… il più tardi possibile.

Ma può avvenire ‑ e in realtà avviene in alcuni casi ‑ che quest’ “uomo ordinario” venga sorpreso e turbato da un improvviso mutamento nella sua vita interiore.

Talvolta in seguito a una serie di delusioni; non di rado dopo una forte scossa morale, come la perdita di una persona cara; ma talvolta senza alcuna causa apparente, in mezzo al pieno benessere e favore della fortuna (come avvenne a Tolstoj) insorge una vaga inquietudine, un senso di insoddisfazione, di mancanza; ma non la mancanza di qualcosa di concreto, bensì di alcunché di vago, di sfuggente, che egli non sa definire.

A poco a poco si aggiunge un senso di irrealtà, di vanità della vita ordinaria: tutti gli interessi personali, che prima tanto occupavano e preoccupavano, si ‘scoloriscono’, per così dire, perdendo la loro importanza e il loro valore. Nuovi problemi si affacciano; la persona comincia a chiedersi il senso della vita, il perché di tante cose che prima accettava naturalmente: il perché della sofferenza propria e altrui; la giustificazione di tante disparità di fortuna; l’origine dell’esistenza umana; il suo fine.

Qui cominciano le incomprensioni e gli errori: molti, non comprendendo il significato di questi nuovi stati d’animo, li considerano ubbie, fantasie anormali; soffrendone (poiché sono molto penosi), li combattono in ogni modo; temendo di ‘perdere la testa’, si sforzano di riattaccarsi alla realtà ordinaria che minaccia di sfuggir loro; anzi talvolta, per reazione, vi si gettano con maggior foga, perdutamente, cercando nuove occupazioni, nuovi stimoli, nuove sensazioni. Con questi ed altri mezzi essi riescono talora a soffocare l’inquietudine, ma non possono quasi mai distruggerla completamente: essa continua a covare nel profondo dei loro essere, a minare le basi della loro esistenza ordinaria e può, anche dopo anni, prorompere di nuovo più intensa. Lo stato di agitazione diventa sempre più penoso, il vuoto interiore più intollerabile; la persona si sente annientata: tutto ciò che formava la sua vita le sembra un sogno, sparisce come una larva, mentre la nuova luce non è ancora sorta; anzi generalmente la persona ne ignora perfino l’esistenza o non crede alla possibilità di ottenerla.

Spesso a questo tormento generale si aggiunge una crisi morale più definita; la coscienza etica si risveglia e si acuisce, la persona è assalita da un grave senso di colpa, di rimorso per il male commesso, si giudica severamente ed è colta da un profondo scoraggiamento.

A questo punto sogliono presentarsi quasi sempre idee e impulsi di suicidio. Alla persona sembra che l’annientamento fisico sia la sola logica conseguenza del crollo e dei dissolvimento interiore.

Dobbiamo far notare che questo è solo uno schema generico di tali esperienze e del loro svolgimento. In realtà vi sono numerose differenze individuali: alcuni non giungono allo stadio più acuto; altri vi arrivano quasi a un tratto, senza il graduale passaggio accennato; in alcuni prevalgono la ricerca e i dubbi filosofici; in altri la crisi morale è in prima linea.

Queste manifestazioni della crisi spirituale sono simili ad alcuni dei sintomi delle malattie dette nevrastenia e psicastenia. Uno dei caratteri di questa è appunto la ‘perdita della funzione del reale’, come la chiama Pierre Janet, e un altro è la ‘spersonalizzazione’. La somiglianza è accresciuta dal fatto che il travaglio della crisi produce spesso anche dei sintomi fisici, quali esaurimento, tensione nervosa, depressione, insonnia, e svariati disturbi digestivi, circolatori, ecc.

 

2. Crisi prodotte dal risveglio spirituale.

L’aprirsi della comunicazione fra la personalità e l’anima, i fiotti di luce, di gioia e di energia che l’accompagnano, producono spesso una mirabile liberazione. I conflitti interni, le sofferenze e i disturbi nervosi e fisici spariscono, spesso con una rapidità sorprendente, confermando così che quei disturbi non erano dovuti a cause materiali, ma erano la diretta conseguenza del travaglio psico‑spirituale. In questi casi il risveglio spirituale costituisce una vera e propria cura.

Ma il risveglio non si svolge sempre in modo così semplice ed armonico, bensì può essere a sua volta causa di complicazioni, disturbi e squilibri. Questo avviene in coloro la cui mente non è ben salda, o nei quali le emozioni sono esuberanti e non dominate, oppure il sistema nervoso troppo sensibile e delicato, o ancora quando l’afflusso di energia spirituale è travolgente per la sua subitaneità e violenza.

Quando la mente è troppo debole e impreparata a sopportare la luce spirituale, oppure quando vi è tendenza alla presunzione e all’egocentrismo, l’evento interiore può venire male interpretato. Avviene, per così dire, una ‘confusione di piani’: la distinzione fra assoluto e relativo, fra spirito e personalità non è riconosciuta, e allora la forza spirituale può produrre un’esaltazione, una ‘gonfiatura’ dell’io personale.

Alcuni anni or sono ho avuto occasione di osservare al manicomio di Ancona un caso tipico di questo genere. Uno dei ricoverati, un simpatico vecchietto, affermava tranquillamente ma ostinatamente… di essere Dio. Intorno a questa sua convinzione egli aveva fabbricato una serie delle più fantastiche idee deliranti; di schiere celesti ai suoi comandi, di grandi cose da lui compiute, ecc. Ma, a parte questo, egli era la persona più buona, gentile e premurosa che si possa immaginare, sempre pronta a render servizi ai medici e ai malati. La sua mente era così chiara e attenta e i suoi atti così accurati, che era stato fatto assistente del farmacista, il quale gli affidava le chiavi della farmacia e la preparazione di medicine. Questo non diede mai luogo ad alcun inconveniente, all’infuori della sparizione di un po’ di zucchero che egli sottraeva per far con esso cosa gradita ad alcuni dei ricoverati.

Dal punto di vista medico ordinario il nostro malato verrebbe considerato come un semplice caso di delirio di grandezza, una forma paranoide; ma in realtà queste non sono che etichette puramente descrittive o di classificazione clinica, e la psichiatria ordinaria nulla sa dirci di certo sulla vera natura e sulle cause di questi disturbi. Mi sembra quindi sia lecito ricercare se non vi possa essere un’interpretazione psicologica più profonda delle idee di quel malato. E’ noto come la percezione interiore della realtà dello Spirito e della sua intima compenetrazione con l’anima umana dà a colui che la prova un senso di grandezza e di allargamento interiore, la convinzione di partecipare in qualche modo alla natura divina.

Nelle tradizioni religiose e nelle dottrine spirituali d’ogni tempo se ne possono trovare numerose attestazioni e conferme, espresse non di rado in forma assai audace.

Nella Bibbia troviamo la frase esplicita e recisa: «Non sapete che siete Dei? ” E sant’Agostino dice: “Quando l’anima ama qualcosa, diventa a essa simile; se ama le cose terrene, diventa terrena; ma se ama Dio (si potrebbe chiedere) diventa essa Dio?”

L’espressione più estrema della identità di natura fra lo spirito umano nella sua pura e reale essenza e lo Spirito Supremo è contenuta nell’insegnamento centrale della filosofia Vedanta: Tat twam asi (Tu sei Quello) e Aham evam param Brahman (In verità io sono il Supremo Brahman).

Comunque si voglia concepire questo rapporto fra lo spirito individuale e quello universale, sia che lo si consideri come un’identità 0 come una somiglianza, una partecipazione, una unione, bisogna riconoscere in modo ben chiaro, e tener sempre presente in teoria e in pratica, la grande differenza che esiste fra lo spirito individuale nella sua natura essenziale ‑ quello che è stato chiamato il ‘fondo’ o il «centro’ o Tapice’ dell’anima, l’Io superiore, il Sé reale ‑ e la piccola personalità ordinaria, il piccolo io di cui siamo abitualmente consapevoli

Il non riconoscere tale distinzione porta a conseguenze assurde e Pericolose. Questo ci dà la chiave per comprendere lo squilibrio mentale del malato di cui ho fatto cenno, e altre forme meno estreme di autoesaltazione e di autogonfiatura. L’errore funesto di tutti coloro che cadono in preda a tali illusioni è quello di attribuire al proprio io personale non rigenerato le qualità e i poteri dello Spirito. In termini filosofici si tratta di una confusione fra realtà relativa e Realtà assoluta, fra il piano personale e quello metafisico. Da questa interpretazione di certe idee di grandezza si possono trarre anche utili norme curative. Essa ci mostra come il cercare di dimostrare al malato che egli ha torto, che le sue idee sono dei tutto assurde o il deriderle, non serve a nulla; anzi non fa che inasprirlo. Invece è opportuno riconoscere con lui l’elemento di vero che c’è nelle sue affermazioni e poi cercar pazientemente di fargli comprendere la distinzione suaccennata.

In altri casi l’improvvisa illuminazione interna prodotta dal risveglio dell’anima determina invece un’esaltazione emotiva, che si esprime in modo clamoroso e disordinato: con grida, pianto, canti e agitazioni motorie varie.

Coloro poi che sono di tipo attivo, dinamico, combattivo, possono venir spinti dall’eccitazione del risveglio ad assumere la parte del profeta o del riformatore, formando movimenti e sette caratterizzati da un eccessivo fanatismo e proselitismo.

In certe anime nobili, ma troppo rigide ed eccessive, la rivelazione dell’elemento trascendente e divino del proprio spirito suscita un’esigenza di adeguazione completa e immediata a quella perfezione. Ma in realtà tale adeguazione non può essere semmai che il termine di una lunga e graduale opera di trasformazione e di rigenerazione della personalità; quindi quell’esigenza non può che esser vana e provocare reazioni di depressione e di disperazione autodistruttive.

In alcune persone, a ciò predisposte, il ‘risveglio’ si accompagna con manifestazioni psichiche paranormali di vario genere. Esse hanno visioni, generalmente di esseri elevati o angelici, oppure odono delle voci, o si sentono spinte a scrivere automaticamente. Il valore dei messaggi così ricevuti è assai diverso da caso a caso; perciò occorre che essi vengano sempre esaminati e vagliati obiettivamente, senza prevenzioni, ma anche senza lasciarsi imporre dal modo con cui sono pervenuti, né dalla presunta autorità di chi asserisca esserne l’autore. E’ opportuno diffidare soprattutto dei messaggi che contengono ordini precisi e richiedono obbedienza cieca, e di quelli che tendono a esaltare la personalità del ricevente. I veri istruttori spirituali non usano mai tali metodi.

Prescindendo poi dall’autenticità e dal valore intrinseco di quei messaggi, sta il fatto che essi sono pericolosi perché possono facilmente turbare, anche in modo grave, l’equilibrio emotivo e mentale.

 

3. Le reazioni che seguono al risveglio spirituale.

Queste reazioni si producono generalmente dopo un certo tempo.

Come abbiamo accennato, un risveglio spirituale armonico suscita un senso di gioia, e una illuminazione della mente che fa percepire il significato e lo scopo della vita, scaccia molti dubbi, offre la soluzione di molti problemi e dà un senso di sicurezza interiore. A questo si accompagna un vivido senso dell’unità, della bellezza, della santità della vita, e dall’anima risvegliata s’effonde un’onda di amore verso le altre anime e tutte le creature.

Invero non vi è nulla di più lieto e confortante dei contatto con uno di questi ‘risvegliati’ che si trovi in un tal ‘stato di grazia’. La sua personalità di prima, coi suoi angoli acuti e coi suoi elementi sgradevoli, sembra sparita e una nuova persona, simpatica e piena di simpatia, sorride a noi e al mondo intero, tutta desiderosa di dar piacere, di rendersi utile, di condividere con gli altri le sue nuove ricchezze spirituali di cui non sa contenere in sé la sovrabbondanza.

Questo stato gioioso dura più o meno a lungo, ma è destinato a cessare. La personalità ordinaria, coi suoi elementi inferiori, era stata solo temporaneamente sopraffatta e addormentata, non uccisa o trasformata. Inoltre l’afflusso di luce e di amore spirituale è ritmico e ciclico come tutto quanto avviene nell’universo; esso quindi prima o poi diminuisce o cessa: il flusso è seguito dal riflusso.

Questa esperienza interna è penosissima, e in alcuni casi produce reazioni violente e seri disturbi. Le tendenze inferiori si risvegliano e si riaffermano con forza rinnovata; tutti gli scogli, i detriti, i rifiuti, che erano stati ricoperti dall’alta marea, ricompaiono di nuovo.

La persona, la cui coscienza morale si è fatta, in seguito al risveglio, più raffinata ed esigente, la cui sete di perfezione è divenuta più intensa, si giudica con maggior severità, si condanna con maggior rigore e può credere, erroneamente, di esser caduta più in basso di prima. A ciò può essere indotta anche dal fatto che talvolta certe tendenze e impulsi inferiori, che erano rimasti latenti nell’inconscio, vengono risvegliati e stimolati a una violenta opposizione dalle nuove alte aspirazioni spirituali, che sono per essi una sfida e una minaccia.

Talvolta la reazione va così oltre, che la persona giunge fino a negare il valore e la realtà della propria recente esperienza interiore. Dubbi e critiche sorgono nella sua mente ed essa è tentata di considerare tutto ciò che è avvenuto come un’illusione, una fantasia, una ‘montatura sentimentale’. Essa diviene amara e sarcastica; deride se stessa e gli altri e vorrebbe rinnegare i propri ideali e le proprie aspirazioni spirituali. Eppure, per quanto si sforzi di farlo, essa non può ritornare nello stato di prima: ha avuto la visione e il fascino della sua bellezza resta in lei, non può esser dimenticato. Essa non può più adattarsi a viver soltanto la piccola vita comune; una divina nostalgia la assilla e non le dà requie. Talvolta la reazione assume caratteri nettamente morbosi: insorgono accessi di disperazione e tentazioni di suicidio.

La cura di tali reazioni eccessive consiste soprattutto nell’impartire una chiara comprensione della loro natura e nell’indicare qual è il solo modo nel quale si possono superare. Si deve far capire a chi ne soffre che lo ‘stato di grazia’ non poteva durare per sempre, che la reazione era naturale e inevitabile. È come se egli avesse fatto un volo superbo fin presso alle vette illuminate dal sole, ammirando il vasto paesaggio che si stende fino all’orizzonte; ma ogni volo prima o poi deve finire: si viene riportati alla pianura, e si deve poi ascendere lentamente, passo a passo, il ripido pendio che conduce alla stabile conquista delle cime. Il riconoscimento che questa discesa o ‘caduta’ è un evento naturale, al quale tutti siamo sottoposti, conforta e solleva il pellegrino e lo incoraggia ad accingersi animosamente all’ascesa.

 

4. Le fasi del processo di trasmutazione.

L’ascesa di cui abbiamo fatto cenno consiste in realtà nella trasmutazione e rigenerazione della personalità. Un procedimento lungo e complesso, che è composto di fasi di purificazione attiva per rimuovere gli ostacoli all’afflusso e all’azione delle forze spirituali; fasi di sviluppo delle facoltà interiori che erano rimaste latenti o troppo deboli; fasi nelle quali la personalità deve restare ferma e docile, lasciandosi ‘lavorare’ dallo Spirito e sopportando con coraggio e pazienza le inevitabili sofferenze. L un periodo pieno di cambiamenti, di alternative fra luce e tenebra, fra gioia e dolore.

Le energie e l’attenzione di chi vi si trova sono spesso tanto assorbite dal travaglio che gli riesce difficile far fronte alle varie esigenze della sua vita personale.

Perciò chi l’osservi superficialmente e lo giudichi dal punto di vista della normalità e dell’efficienza pratica, trova che è peggiorato e vale meno di prima. Perciò al suo travaglio interiore si aggiungono spesso giudizi incomprensivi e ingiusti da parte di persone di famiglia, di amici e anche di medici, e non gli vengono risparmiate osservazioni pungenti sui ‘bei risultati’ delle aspirazioni e degli ideali spirituali, che lo rendono debole e inefficiente nella vita pratica. Questi giudizi riescono spesso assai penosi a chi ne è oggetto, che può talvolta venirne turbato e cadere in preda ai dubbi e allo scoraggiamento.

Pure questa è una delle prove che devono essere superate. Essa insegna a vincere la sensibilità personale, ad acquistare indipendenza di giudizio e fermezza di condotta. Perciò tale prova dovrebbe venir accolta senza ribellione, anzi con serenità. D’altra parte se coloro che circondano la persona sottoposta alla prova comprendono il suo stato, possono esserle di grande aiuto ed evitarle molti contrasti e sofferenze non necessarie.

In realtà si tratta di un periodo di transizione: un uscire da un vecchio stadio senza aver raggiunto il nuovo. t una condizione simile a quella del verme che sta subendo il processo di trasformazione che lo farà diventare un’alata farfalla: esso deve passare per lo stato di crisalide, che è una condizione di disintegrazione e impotenza.

Ma all’uomo in generale non viene elargito il privilegio che ha il verme di svolgere quella trasmutazione protetto e raccolto in un bozzolo.

Egli deve, soprattutto oggi, restare al suo posto nella vita e continuare ad assolvere quanto meglio può i propri doveri famigliari, professionali e sociali, come se non stesse avvenendo nulla in lui. L’arduo problema che deve risolvere è simile a quello degli ingegneri inglesi, che dovettero trasformare e ampliare una grande stazione ferroviaria di Londra, senza interrompere il traffico neppur per un’ora.

Non dobbiamo certo meravigliarci se un’opera così complessa e faticosa è talvolta causa di disturbi nervosi e psichici, ad esempio esaurimento nervoso, insonnia, depressione, irritabilità, irrequietezza. E questi disturbi, dato il forte influsso della psiche sul corpo, possono a foro volta facilmente produrre svariati sintomi fisici.

Nel curare tali casi occorre comprenderne la vera causa, e aiutare il malato con una sapiente e opportuna azione psicoterapica, poiché le cure fisiche e medicamentose possono aiutare ad attenuare i sintomi e i disturbi fisici, ma evidentemente non possono agire sulle cause psico-spirituali del male.

Talvolta i disturbi sono prodotti o aggravati dagli eccessivi sforzi personali che fa l’aspirante alla vita spirituale per forzare il proprio sviluppo interno, sforzi che producono una repressione anziché la trasformazione degli elementi inferiori, e una estrema intensificazione della lotta, con una corrispondente eccessiva tensione nervosa e psichica. Questi aspiranti troppo impetuosi devono rendersi conto che la parte essenziale dei lavoro di rigenerazione è fatta dallo spirito e dalle sue energie, e che quando essi hanno cercato di attirare quelle energie col loro fervore, le loro meditazioni, il loro retto atteggiamento interno, quando hanno cercato di eliminare tutto quello che può ostacolare l’azione dello spirito, devono attendere con pazienza e con fede che quell’azione si svolga spontaneamente nella loro anima.

Una difficoltà diversa in un certo senso opposta, deve essere superata nei periodi nei quali l’afflusso di forza spirituale è ampio e abbondante. Quella forza preziosa può venir facilmente sperperata in effervescenza emotiva e in attività febbrili ed eccessive. In altri casi invece essa è tenuta troppo a freno, non viene sufficientemente tradotta in vita e utilizzata, di modo che si accumula sempre più e con la sua forte tensione può produrre disturbi e logorii interiori, come una corrente elettrica troppo forte può fondere le valvole e anche produrre dei corti circuiti.

Occorre quindi apprendere a regolare opportunamente e saggiamente il flusso delle energie spirituali, evitandone la dispersione, ma usandole attivamente in nobili e feconde opere interne ed esterne.

 

5. La ‘notte oscura dell’anima’.

Quando il processo di trasformazione psico-spirituale raggiunge il suo stadio finale e decisivo, esso produce talvolta un’intensa sofferenza e un’oscurità interiore che è stata chiamata dai mistici cristiani ‘notte oscura dell’anima’ 1 suoi caratteri la fanno rassomigliare molto alla malattia chiamata ‘psicosi depressiva’ o melanconia. Tali caratteri sono: uno stato emotivo d’intensa depressione, che può giungere fino alla disperazione; un senso acuto della propria indegnità; una forte tendenza all’autocritica e all’autocondanna, che in alcuni casi giunge fino alla convinzione di esser perduti o dannati; un senso penoso di impotenza mentale; l’indebolimento della volontà e dell’auto-dominio; un disgusto e una grande difficoltà ad agire.

Alcuni di questi sintomi possono presentarsi in forma meno intensa anche negli stadi precedenti, ma allora non si tratta della vera ‘notte oscura dell’anìma’.

Questa strana e terribile esperienza non è, malgrado le apparenze, uno stato patologico; essa ha cause spirituali e un grande valore spirituale (Vedi san Giovanni della Croce, La notte oscura dell’anima e E. Underhill. .Mysticism -New York, 1961).

A questa, che è stata anche chiamata la ‘crocefissione mistica’ o morte mistica’, segue la gloriosa resurrezione spirituale che pone fine a ogni sofferenza e a ogni disturbo, dei quali è sovrabbondante compenso, e che costituisce la pienezza della salute spirituale.

Il tema da noi scelto ci ha obbligati a occuparci quasi esclusivamente dei lati più penosi e anormali dello sviluppo interiore, ma non vorremmo certo dar l’impressione che coloro che seguono la via dell’ascesa spirituale siano colpiti da disturbi nervosi più facilmente degli uomini ordinari. L opportuno perciò mettere bene in chiaro i punti seguenti:

1) In molti casi lo sviluppo spirituale si svolge in un modo più graduale e armonico di quello che è stato descritto, di guisa che le difficoltà vengono superate e i diversi stadi passati senza reazioni nervose e fisiche.

2) 1 disturbi nervosi e mentali degli uomini e delle donne ‘ordinari’ sono spesso più gravi, più difficili a sopportare e a curare di quelli prodotti da cause spirituali. 1 disturbi degli uomini ordinari sono spesso prodotti da conflitti violenti fra le passioni, o fra gli impulsi inconsci e la personalità cosciente; o dalla ribellione contro condizioni o contro persone che sono in contrasto coi loro desideri e le loro esigenze egoistiche. Noti di rado è più difficile curarli, perché gli aspetti superiori sono troppo deboli. e vi è poco a cui fare appello per indurli a fare i sacrifici necessari e a sottomettersi alla disciplina occorrente per produrre gli assestamenti l’armonia che possono render loro la salute.

3) Le sofferenze e i disturbi di coloro che percorrono la via spirituale, per quanto possano talora essere gravi, sono in realtà solo reazioni temporanee e per così dire le scorie di un processo organico di crescita e di rigenerazione interna. Perciò essi spariscono spesso spontaneamente quando la crisi che li aveva prodotti si risolve, o cedono più facilmente a una cura adatta.

4) Le sofferenze prodotte dalle basse maree e dai riflussi dell’onda spirituale sono ampiamente compensate dalle fasi di afflusso e di elevazione, e dalla fede nel grande scopo e nell’alta mèta dell’avventura interiore.

Questa visione di gloria costituisce un , ispirazione potente, un conforto infallibile, una sorgente inesauribile di forza e di coraggio. Noi dovremmo quindi rievocare tale visione nel modo più vivido e il più spesso possibile, e uno dei più grandi benefici che possiamo arrecare a chi è tormentato da crisi e conflitti spirituali è di fare altrettanto.

Cerchiamo di immaginare vividamente la gloria e la beatitudine dell’anima vittoriosa e liberata che partecipa coscientemente alla saggezza, alla potenza, all’amore della Vita Divina. Immaginiamo con visione ancor più larga la gloria del Regno di Dio realizzato sulla terra, la visione di una umanità redenta, dell’intera creazione rigenerata e manifestante con gioia le perfezioni di Dio.

Sono visioni di tal genere che hanno reso capaci i grandi mistici e santi di sopportare sorridendo i loro tormenti interiori e il loro martirio fisico, che hanno fatto dire a san Francesco: “Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena mi è diletto!”.

Ma ora dobbiamo scendere da queste altezze e ritornare un istante nella valle ove le anime sono in travaglio.

Considerando la questione dal punto di vista più strettamente medico e psicologico, occorre rendersi ben conto che ‑ come abbiamo accennato ‑ mentre i disturbi che accompagnano le varie crisi dello sviluppo spirituale appaiono a un primo esame molto simili, e talvolta identici, a quelli dei malati ordinari in realtà le loro cause e il loro significato sono molto differenti, anzi in un certo senso opposti; quindi la cura deve essere corrispondentemente diversa. I sintomi neuro‑psichici dei malati ordinari hanno generalmente un carattere regressivo.

Quei malati non sono stati capaci di compiere i necessari assestamenti interni ed esterni che fari parte del normale sviluppo della personalità. Per esempio, essi non sono riusciti a liberarsi dall’attaccamento emotivo ai genitori e restano quindi in uno stato di dipendenza infantile da essi o da chi, anche simbolicamente, li sostituisce.

Talvolta invece la loro incapacità o cattiva volontà a far fronte alle esigenze e alle difficoltà della normale vita familiare e sociale fari sì che essi, anche senza rendersene conto, cerchino rifugio in una malattia che li sottragga a quegli obblighi. In altri casi si tratta di un trauma emotivo: per esempio una delusione o una perdita che essi non sanno accettare e a cui reagiscono con una malattia.

In tutti questi casi si tratta di un conflitto fra la personalità cosciente e gli elementi inferiori che spesso operano nell’inconscio. con la parziale vittoria di questi ultimi.

Invece i mali prodotti dal travaglio dello sviluppo spirituale hanno un carattere nettamente progressivo. Essi dipendono dallo sforzo. di crescere, da una spinta verso l’alto; essi sono il risultato di conflitti e squilibri temporanei fra la personalità cosciente e le energie spirituali che irrompono dall’alto.

Da tutto ciò risulta evidente che la cura per i due tipi di malattie deve essere molto diversa.

Per il primo gruppo il compito terapeutico consiste nell’aiutare il inalato a raggiungere il livello dell’uomo ‘normale’, eliminando le repressioni e le inibizioni, le paure e gli attaccamenti, aiutandolo a passare dal suo eccessivo egocentrismo, dalle sue false valutazioni, dalle sue concezioni deformate della realtà a una visione oggettiva e razionale della vita, all’accettazione dei suoi doveri e obblighi e a un giusto apprezzamento dei diritti degli altri. Gli elementi non ben sviluppati, non coordinati e contrastanti, devono venir armonizzati e integrati in una psico-sintesi personale.

Per i malati del secondo gruppo il compito curativo è invece quello di produrre un assestamento armonico, favorendo l’assimilazione e l’integrazione delle nuove energie spirituali con gli elementi normali preesistenti, cioè di compiere una psico-sintesi trans‑personale intorno a un più alto centro interno.

E’ chiaro quindi che la cura adatta per i malati del primo gruppo è insufficiente, anzi può essere anche dannosa, per un malato del secondo. Le sue difficoltà aumentano, anziché diminuire, se egli è nelle mani di un medico che non comprenda il suo travaglio, che ignori o neghi le possibilità dello sviluppo spirituale. Tale medico può svalutare o deridere le aspirazioni spirituali del malato, considerandole come vane fantasie o interpretandole in modo materialistico. Così il malato può venir da lui indotto a ritener di far bene cercando di indurire il guscio della propria personalità e rifiutandosi di dare ascolto agli insistenti appelli della sua anima. Ma questo può solo aggravare il suo stato, render più aspra la lotta, ritardare la soluzione.

Invece un medico che percorra egli pure la via spirituale, o che almeno abbia una chiara comprensione e un giusto apprezzamento della realtà e delle conquiste spirituali, può essere di grande aiuto a un malato di quel genere.

Se, come spesso è il caso, questi è ancora allo stadio dell’insoddisfazione, dell’irrequietezza e delle inconsce aspirazioni; se egli ha perduto ogni interesse per la vita ordinaria ma non ha ancora avuto un lume della Realtà Superiore; se egli cerca sollievo in direzioni sbagliate ed erra per vicoli ciechi, allora la rivelazione della vera causa del suo male e un aiuto efficace a trovare la vera soluzione possono facilitare e accelerare molto il risveglio dell’anima, che costituisce di per se stesso la parte principale della cura.

Quando una persona si trova al secondo stadio, quello nel quale si bea nella luce dello spirito e fa gioiosi voli verso le altezze supercoscienti, si può farle molto bene spiegandole la vera natura e funzione di quelle sue esperienze, preavvisandola che esse sono necessariamente temporanee e descrivendole le ulteriori vicissitudini del pellegrinaggio. Così quella persona è preparata quando sopraggiunge la reazione, e le viene in tal modo risparmiata quella parte non piccola di sofferenza, prodotta dalla sorpresa della ‘caduta’ e dai dubbi e dagli scoraggiamenti che ne conseguono.

Quando un tal preavviso non è stato dato e la cura viene iniziata durante la reazione depressiva, il malato può essere molto sollevato e aiutato dall’assicurazione, avvalorata da esempi, che si tratta di uno stato temporaneo dal quale uscirà sicuramente.

Nel quarto stadio, quello degli ‘incidenti dell’ascesa’, che è il più lungo e multiforme, l’opera di chi aiuta e corrispondentemente più complessa. I suoi aspetti principali sono:

1) Chiarire a colui che soffre il significato di quanto sta avvenendo in lui e indicargli il giusto atteggiamento da prendere;

2) Insegnargli come si può dominare le tendenze inferiori senza però reprimerle nell’inconscio;

3) Insegnargli, ed aiutarlo, a trasmutare e sublimare le proprie energie psichiche;

4) Aiutarlo a sostenere e far buon uso delle energie spirituali che affluiscono nella sua coscienza;

5) Guidarlo, e cooperare con lui, nel lavoro di ricostruzione della sua personalità, di psico-sintesi.

Nello stadio della ‘notte oscura dell’anima’ è assai difficile prestare aiuto, perché chi vi si trova è avvolto in una nube così densa, è tanto immerso nella sua sofferenza che la luce dello spirito non giunge alla sua coscienza. L’unico modo di dare forza e sostegno è il ripetere instancabilmente l’assicurazione che si tratta di una esperienza transitoria e non di uno stato permanente, come tende a credere chi vi si trova ‑ ed è ciò che più gli dà disperazione. t bene inoltre assicurargli con energia che il suo tormento, per quanto terribile, ha un si grande valore spirituale e gli sarà apportatore di tanto bene che dopo arriverà a benedirlo; così egli viene aiutato a sopportarlo e ad accettarlo con calma, rassegnazione e con forte pazienza.

Riteniamo opportuno accennare che queste cure psicologiche e spirituali non escludono l’uso sussidiario di mezzi fisici, che possono alleviare i sintomi e concorrere al buon esito della cura. Tali sussidi saranno soprattutto quelli che coadiuvano all’opera sanatrice della natura, come un’alimentazione igienica, esercizi di rilasciamento, contatto con gli elementi naturali, un ritmo adatto delle varie attività fisiche e psichiche.

In alcuni casi la cura è resa più complicata dal fatto che vi è nel malato un misto di sintomi progressivi e di sintomi regressivi. Si tratta di casi di sviluppo interiore irregolare e disarmonico. Queste persone possono raggiungere alti livelli spirituali con una parte della loro personalità, ma essere d’altro lato schiave di attaccamenti infantili o sotto il dominio di ‘complessi’ inconsci. Si potrebbe anzi dire che, con un’analisi accurata, nella maggioranza di coloro che percorrono la via spirituale si trovano ‑ come, si noti, in quasi tutti i così detti ‘normali’ ‑ dei resti più o meno grandi di limitazioni di quel genere.

Resta però il fatto che, nella grande maggioranza dei casi, vi è una netta prevalenza o dei sintomi regressivi o di quelli progressivi.

Ma la possibilità che sintomi di entrambi i gruppi si trovino frammisti nello stesso malato deve esser sempre tenuta presente, e occorre che ogni disturbo venga accuratamente studiato e interpretato, per accertarne la vera causa e trovarne quindi la cura adatta.

Da tutto quanto abbiamo detto risulta chiaro che per curare in modo efficace e soddisfacente i disturbi nervosi e psichici che accompagnano lo sviluppo spirituale, occorre una duplice serie di conoscenze e di pratica: quella dei medico esperto di malattie nervose e di psicoterapia, e quella dei serio studioso o del pellegrino sulle vie dello Spirito.

Questa duplice competenza si trova attualmente di rado associata; ma dato il rapido crescere dei numero delle persone bisognose di simili cure, tutti coloro che siano in grado di farlo dovrebbero accingersi risolutamente a prepararsi per quell’opera di bene.

Tali cure poi sarebbero rese più facili se si potesse anche formare e assistenti opportunamente preparati, sì da saper cooperare intelligentemente.

Infine sarebbe molto utile che il pubblico in generale fosse informato dei fatti principali riguardanti le connessioni fra disturbi neuropsichici e crisi interiori, in modo che i familiari possano facilitare il compito dei malato e quello del medico, invece di complicarlo e ostacolarlo con l’ignoranza, i pregiudizi, e anche l’opposizione attiva, come purtroppo avviene assai spesso.

Quando questa triplice opera di preparazione sarà stata fatta presso i medici, le infermiere e il pubblico, una grande somma di sofferenze non necessarie verrà eliminata e molti pellegrini potranno raggiungere con meno lungo e meno aspro travaglio l’alta mèta che perseguono: l’unione con la Divina Realtà.

 

 

 

Riflessioni Sondaggi

SCIARE E’ COME DANZARE

Lo sci è una danza è la montagna è il tuo partner.
(Anonimo)

Nello sci dovete usare il cervello, che è la parte più importante della vostra attrezzatura.
(Kevin Andrews e Warren Miller)

Qualunque sia il grado di abilità che uno sciatore può possedere, non dovrebbe mai dimenticare che i suoi sci sono dopo tutto solo uno strumento, un mezzo attraverso il quale egli può godere l’inverno in tutto il suo splendore e la robustezza, respirando l’aria fresca e pulita, incontrando altri esseri umani nel loro vero carattere, e dimenticando tutti i problemi che affliggono la nostra meschina civiltà . Queste sono alcune delle ragioni per le quali lo sci non è solo uno sport – è un modo di vivere .
(Otto Schniebs)

Non c’è niente al mondo come uscire su un incontaminato, aperto, vergine pendio di montagna sopra una spessa coltre di neve fresca in polvere. Dà una sensazione suprema di libertà, di mobilità. Una grande sensazione di volare, come muoversi ovunque in un grande paradiso bianco.
(Hans Gmoser)

Sciare fuori pista non è un divertimento, è vita vissuta al massimo, in un lampo di realtà.
(Dolores La Chapelle)

Scoprii, che non ero io che facevo girare gli sci, ma che era la neve – o piuttosto era la neve e la gravità insieme che li facevano girare. A quel punto smisi di cercare di controllare gli sci e rivolsi la mia attenzione verso queste forze.
Gli avvallamenti e le forme della terra automaticamente mostrano la via da seguire; e per degli abili sciatori esisterà una sola e perfetta linea per ognuno di essi, così che tutti possano sciare insieme alla massima velocità e volteggiare con gli altri e con la terra.
(Dolores La Chapelle)

Quando questa ritmica relazione tra neve e gravità si è realizzata su di un pendio ripido non esiste più un io, una montagna, così come la neve, ma esiste solo una continua e fluente interazione. So che questo processo non ha confini. Le mie azioni formano un continuum con le azioni della neve e della gravità. Non posso dire esattamente dove le mie azioni finiscano ed inizi la neve o dove e quando intervenga la gravità.
(Dolores La Chapelle)

La gloria di sciare nella neve vergine, di essere il primo a segnare la polvere bianca con la firma della tua discesa.
(Tim Cahill)

Non attaccare la montagna, fai l’amore con la montagna, accarezzala
(Anonimo)

Se è troppo ripida, sei troppo vecchio.
(Anonimo)

Scendi ora – o sari semplicemente un anno più grande quando lo farai.
(Anonimo)

 

Svegliarsi alle 5 con il buio per andare a sciare è dura. Svegliarsi alle 5 con il buio per andare a lavorare è durissima.
(Kristian Ghedina)

La prima volta che sono andato a sciare non è stato un esordio felice: ho rotto una gamba. Per fortuna non era la mia.
(Michael Green)

 

Anche una pessima giornata di sci batte una buona giornata in ufficio.
(Anonimo)

 

 

 

 

 

Quando qualcuno ti dirà che non c’è niente di impossibile, digli di mettersi gli sci in spalla e di passare attraverso una porta girevole.
(Anonimo)

Appena sono uscito di prigione, sono andato a sciare.
Appena la mia gamba rotta è guarita, sono andato a sciare.
E’ lì che devo andare per far tornare le cose a posto.
Il resto del mondo è caos totale.
(Glen Plake)

Ho spiegato a mio nipote cos’è il compromesso: “Se, per le vacanze, tua mamma vuole andare al mare, e tuo papà invece in montagna, il compromesso è che si va al mare, ma il babbo può portarsi gli sci”.
(Dino Verde)

Riflessioni

PRIMA DI COMMENTARE CONTA FINO A 10

Attenzione a ciò che si scrive sui social perché potrebbe non solo rovinarvi la vita sociale, ma costarvi molto caro. Stanno aumentando ogni giorno le condanne per calunnia e diffamazione, e sempre di più recentemente anche per istigazione al suicidio, a mezzo Facebook.

Ogni cosa che si scrive su Facebook, sia sul proprio profilo personale, ma anche e “soprattutto” nei commenti su una pagina “pubblica”, è come se la si scrivesse sulle colonne di un giornale.

In particolare, è bene tenere sempre presente questi 4 punti :

CONSEGUENZE SOCIALI
Ogni cosa che commentate in qualsiasi pagina Facebook, compresa la nostra, è visibile a tutti i vostri contatti.
I vostri amici si possono fare un’idea più precisa di voi e conoscere i lati più oscuri del vostro carattere di cui non andate molto fieri, e che avete sempre cercato di nascondere. Nei rapporti reali si cerca di moderare il linguaggio e di sembrare persone migliori, sui social invece succede spesso che molti si lascino andare a sfoghi eccessivi e volgari, che di persona non avrebbero mai. Ricordatevi che tutto ciò che scrivete rimane lì leggibile a tutto il mondo, e che tutto il mondo vi giudica, spesso in silenzio. Ah, dimenticavo, prima di commentare leggete bene quello che state commentando, soprattutto se ci sono link che riportano ad articoli esterni a facebook prima leggeteli per evitare figuracce.,

CONSEGUENZE CIVILI
Assumetevi la responsabilità civile per qualsiasi considerazione che esprimete nei commenti. Chiunque può citarvi per calunnia con più facilità di quanto si possa fare nei rapporti “verbali”. Ricordatevi che qualsiasi cosa voi scriviate rimane negli archivi di Facebook, anche se poi vi pentite e la cancellate. Offendere la reputazione su Facebook è da considerarsi reato anche se non si indica il nome e cognome della persona a cui è rivolta un’allusione offensiva: se la “vittima” è facilmente individuabile e la frase incriminata è postata sul proprio o l’altrui stato di Facebook o in commento a qualche altro post, scatta ugualmente il reato di diffamazione.

CONSEGUENZE PENALI
Accertatevi che quello che scrivete non sia perseguibile penalmente. Istigare in un commento alla discriminazione razziale o di genere, può costarvi molto caro e farvi pagare conseguenze molto pesanti. Per non parlare dell’istigazione al suicidio, un capitolo molto doloroso dei casi di cronaca più recenti.

L’ANONIMATO NON ESISTE
E non si creda che l’utilizzo di nick name falsi o di fantasia possano mettere al riparo da denunce e conseguenze civili e penali. Tutto ciò che scrivete è tracciato, e per gli inquirenti è facilissimo risalire al computer, al tablet o al cellulare da cui si è digitato il commento, non si pensi di farla franca.

E’ bene, quindi, stare sempre attenti a ciò che si scrive e si pubblica (foto, video, ecc…). Il prezzo da pagare per aver dato sfogo a un momento di invidia, vendetta, rabbia e aggressività, più o meno giustificata, può diventare davvero alto. Una mannaia sulle dita di chi, dall’altra parte dello schermo, è spesso convinto di poter dire di tutto e di più impunemente. Per cui accettate il nostro consiglio: contate fino a 10 prima di commentare negativamente qualcosa e valutate bene tutte le conseguenze del vostro sfogo.

Insomma, ci si sfoghi pure attraverso un monitor e una tastiera, ma senza travalicare i limiti, non tanto del buon senso, quanto quelli della tutela della dignità delle persone.
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Riflessioni

Perchè porta la colazione a sua moglie ogni mattina, anche se lei nemmeno lo riconosce?”

Quest’uomo ha 80 anni e insiste, ogni mattina, a portare la colazione a sua moglie…
Quando gli hanno chiesto: “Perché sua moglie è in un ricovero per anziani?”, lui ha risposto: “Perché ha la malattia di Alzheimer.”
Allora gli hanno chiesto, “Sua moglie si preoccuperebbe se un giorno non venisse a portarle la colazione?” e lui ha risposto: “Lei non ricorda… Non sa neanche chi sono io, sono cinque anni che non mi riconosce più.”
Sorpresi, gli hanno detto: “Che cosa meravigliosa! Ma sta ancora portando la colazione a sua moglie ogni mattina, anche se lei nemmeno la riconosce?”
L’uomo ha sorriso, l’ha guardata negli occhi e le ha stretto la mano.

Poi ha detto: “Lei non sa chi sono io, ma io so chi è lei.”

Riflessioni TOP

Perché le persone intelligenti hanno pochi amici? Leggi cosa dice la scienza.

Le persone intelligenti hanno pochi amici: più alto è il quoziente intellettivo, minore sembra essere il bisogno umano di interagire intimamente con gli altri
Le persone intelligenti hanno pochi amici ed alcuni scienziati hanno cercato di spiegarne la ragione. Sicuramente è necessario avere degli amici su cui contare e la comunicazione costante ha i suoi vantaggi, ma i ricercatori hanno cercato di rispondere alla seguente domanda: bisogna veramente avere degli amici per essere felici e pienamente soddisfatti della propria vita? A questo scopo, hanno effettuato uno studio su 15.000 persone di età compresa tra i 18 e i 28 anni; ragazzi e ragazze che vivono in luoghi con diversa densità di popolazione e che comunicano con i loro amici con frequenze diverse.

Gli psicologi evoluzionisti Satoshi Kanazawa della London School of Economics e Norman Lee dell’Università di Singapore, dopo aver analizzato i risultati delle indagini, pubblicati poi sul British Journal of Psychology, sono arrivati ad alcune conclusioni. Innanzitutto affermano che le persone che vivono in luoghi ad alta densità di popolazione, di solito, si sentono meno felici. In secondo luogo, per sentirsi appagati e sereni, devono frequentare delle persone che condividono il loro pensiero: più stretta è la comunicazione, maggiore sembra essere il livello di felicità che si può raggiungere.

I ricercatori sostengono, però, che le persone più intelligenti sono un’eccezione a questa regola. Più alto è il quoziente intellettivo, minore sembra essere il bisogno umano di interagire con gli amici e di ottenere un riconoscimento nel gruppo. Il cervello di una persona con elevate capacità intellettuali funziona infatti in modo diverso e questa differenza include anche l’aspetto della socialità. L’attività sociale per i soggetti con un’intelligenza sopra la media non rappresenta una necessità di vita: le persone intelligenti, di conseguenza, hanno pochi amici ed una piccola cerchia sociale.

La maggior parte dei geni sono solitari; questo in parte è dovuto al fatto che poche persone li capiscono e li accettano, ma per loro questo non è affatto un problema. Al contrario, più si sforzano di socializzare, meno si sentono felici. Le persone intelligenti preferiscono infatti impegnarsi per conseguire importanti risultati a lungo termine piuttosto che per fare amicizia e mantenere in vita i rapporti interpersonali.

La socializzazione rischia di distrarli dall’obiettivo principale e di cancellare la loro armonia interiore: le persone intelligenti hanno quindi pochi amici e solo occasionalmente sentono il bisogno di interagire intimamente con gli altri.

 

(FONTE: Supereva.it)

Riflessioni

Non si ha bisogno delle mani per tenere il CUORE di chi si ama…

Nick Vujicic é nato con una rara malattia genetica: la tetramelia; è privo di arti, senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i suoi piccoli piedi, uno dei quali ha due dita.
La sua vita è stata piena di difficoltà. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiede. Durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale.

Ha imparato a scrivere usando le due dita del suo “piede” sinistro, e un dispositivo speciale che si aggancia al suo grande alluce. Ha anche imparato ad usare un computer e a scrivere usando il metodo “punta tacco” (come mostra durante i suoi discorsi), lanciare palle da tennis, rispondere al telefono, radersi e versarsi un bicchiere d’acqua.
Preso di mira dai bulli della scuola, Nick diventò estremamente depresso, ed all’età di otto anni, cominciò a pensare al suicidio. Dopo aver supplicato Dio di fargli crescere braccia e gambe, Nick comprese che le sue condizioni erano di ispirazione per molte persone, e cominciò a ringraziare di essere vivo. Un punto chiave della sua vita fu quando sua madre gli mostrò un articolo di giornale che parlava di un uomo che viveva con grandi difficoltà dovute ai suoi handicap. Questo gli fece capire di non essere il solo a vivere con grandi difficoltà. Quando aveva diciassette anni, cominciò a parlare con il suo gruppo di preghiera, e finalmente cominciò la sua organizzazione non-profit, Life Without Limbs, un’organizzazione per i disabili. Tiene discorsi in tutto il mondo su come la fede l’abbia liberato dal peso emotivo legato alla sua disabilità. Nel 2012 si é soosato e ha avuto un figlio.

Riflessioni

Monologo sulla vita

Il monologo finale di Danny De Vito tratto dal film “The Big Kahuna” che si protrae fin sopra i titoli di coda: saggio, appassionante e appassionato. Semplice ma efficace, lineare ma poetico; vale il film quasi da solo.
The Big Kahuna è un film del 1999 diretto da John Swanbeck e tratto dalla commedia teatrale Hospitality Suite di Roger Rueff. La pellicola vede protagonisti Kevin Spacey, Danny DeVito, Peter Facinelli.
Il testo del monologo
Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent’anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non t’erano mai passate per la mente.
Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa’ una cosa, ogni giorno che sei spaventato.
Canta.
Non esser crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perder tempo con l’invidia.
A volte sei in testa.
A volte resti indietro.
La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente dimmi come si fa.
Conserva tutte le vecchie lettere d’amore, butta i vecchi estratti conto.
Rilassati.
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant’anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche.
Le tue scelte sono scommesse.
Come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo.
Usalo in tutti i modi che puoi.
Senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
È il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla.
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza.
Ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori.
Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli.
Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono.
Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e di stili di vita, perchè più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po’, ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po’, ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai quarant’anni sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accetta il consiglio… per questa volta.

 

Riflessioni

L’uomo che sputò in faccia al Buddha

Il Buddha era seduto sotto un albero a parlare ai suoi discepoli. Arrivò un uomo e gli sputò in faccia. Egli si asciugò, e chiese all’uomo, “E poi? Cosa vuoi dire dopo?” L’uomo era un po’ perplesso perché non si aspettava che, dopo aver sputato sul volto di qualcuno, gli si chiedesse: “E poi?”

Non era mai successo in suo passato. Aveva insultato persone e loro si erano arrabbiati, avevano reagito. Ma Buddha non è come gli altri, non si è arrabbiato, né in alcun modo offeso. Ma ha detto semplicemente: “E poi?” Non c’è stata alcuna reazione da parte sua.

I discepoli del Buddha si arrabbiarono, reagirono. Il suo discepolo più vicino, Ananda, disse, “Questo è troppo, e non possiamo lo tollerare. Deve essere punito per questo. In caso contrario tutti potranno iniziare a fare cose come questa.”

Buddha disse: “Tu taci. Non mi ha offeso, ma sei tu ad offendermi. Lui è nuovo, un estraneo. Deve aver sentito dalla gente qualcosa di me, che questo uomo è un ateo, un uomo pericoloso che sta gettando la gente fuori dal loro sentiero, un rivoluzionario, un corruttore. E in lui potrebbe essersi formata una qualche idea, un concetto di me. Egli non ha sputato su di me, lui ha sputato sulla sua nozione. Ha sputato sulla sua idea di me, perché lui non mi conosce affatto, così come può sputare su di me?”

“Se ci pensi profondamente” Buddha disse “ha sputato sulla propria mente. Io non sono che parte di lui, e posso vedere che questo povero uomo deve avere qualcos’altro da dire perché questo è un modo di dire qualcosa.

Sputare è un modo di dire qualcosa. Ci sono momenti in cui senti che il linguaggio è impotente: nell’amore profondo, nella rabbia intensa, nell’odio, in preghiera. Ci sono momenti intensi in cui il linguaggio è impotente. Poi si deve fare qualcosa. Quando si è arrabbiati, profondamente arrabbiati, si colpisce la persona, ti sputano addosso, lui sta dicendo qualcosa. Lo posso capire. Deve avere qualcosa di più da dire, è per questo che sto chiedendo, “E poi?”

L’uomo era ancora più perplesso! E Buddha disse ai suoi discepoli: “Sono più offeso da voi perché voi mi conoscete, e avete vissuto per anni con me e ancora reagite.”

Perplesso, confuso, l’uomo tornò a casa. Non riuscì a dormire per tutta la notte. Quando vedi un Buddha, è difficile, impossibile dormire nello stesso modo in cui dormivi prima. Più e più volte era ossessionato da questa esperienza. Non riusciva a spiegare a se stesso, quello che era successo. Egli era tutto tremante e sudato. Non aveva mai incontrato un uomo così, lui aveva mandato in frantumi la sua mente e il suo intero modello, tutto il suo passato.

La mattina dopo era di nuovo lì. Si gettò ai piedi di Buddha. Buddha gli chiese ancora: “E poi?” Anche questo è un modo per dire qualcosa che non si può dire con il linguaggio. Quando arrivi e tocchi i miei piedi, stai dicendo qualcosa che non si può dire, perchè tutte le parole diventano un po’strette. Buddha disse: “Guarda, Ananda, questo uomo è di nuovo qui, sta dicendo qualcosa. Questo uomo è un uomo di profonde emozioni”.

L’uomo guardò il Buddha e disse: “Perdonami per quello che ho fatto ieri”.

Buddha disse: “Perdonarti? Ma io non sono lo stesso uomo a cui hai fatto qualcosa. Il Gange continua a scorrere, non è mai il Gange di prima. Ogni uomo è un fiume. L’uomo che sputa non è più qui. Non vedo proprio nessuno come lui, ed io non sono la stessa cosa, tanto è successo in queste 24 ore! Il fiume ha scorso così tanto. Quindi non posso perdonarti perché non ho nessun rancore contro di te. ”

“E anche tu sei nuovo. Vedo che non sei lo stesso uomo che è venuto ieri, perché quell’uomo era arrabbiato e lui ora, si sta chinando ai miei piedi, tocca i miei piedi. Come può essere lo stesso uomo? Tu non sei lo stesso uomo, quindi cerchiamo di non pensarci più. Queste due persone, l’uomo che ha sputato e l’uomo su cui sputare, entrambi non sono più. Vieni più vicino. Parliamo di qualcos’altro.”

 

 

 

Animazioni Riflessioni TOP

Lui le dona tutto il suo cuore e guardate poi cosa succede. Il corto animato che vi farà riflettere

Il breve film  spiega il sentimento più complicato che ci sia, senza usare neanche una parola… Narra la storia di una coppia ordinaria: quando il ragazzo dona alla sua amata una sfera proveniente direttamente dal suo petto, lei non riesce più a separarsene, nemmeno quando si lasceranno. Per risollevare l’animo del giovane c’è bisogno dell’intervento di qualcuno…

The Gift “Il Dono: Un cortometraggio che ha vinto 15 premi nel mondo:
-Best Animation and Best in Event, Sound & Image Challenge 2014. Macau, China.
-Adult Jury Prize and Kid’s Jury Prize, YoungAbout international film festival 2014. Bologna, Italy.
-Audience award, Innersound international new arts festival. Bucarest, Rumania.
-Best script, Curtmiratges festival, Barcelona, Spain. Finalist “Jury prize” y “Best music”.
-Best animated shortfilm. FECLAC 2013. Santiago, Chile.
-Best animated shortfilm. Mecal Chile 2013. Santiago, Chile.
-Mention animated shortfilm. Unframe festival 2013, La rioja, Argentina.
-Special mention. Libélula Fest 2013. Barcelona, Spain.
-Honorable mention. Fam Fest 2014. South Carolina, EEUU.
-Special Mention, V Festival de Cine: Infancia y Adolescencia “Ciudad de Bogotá” 2014, Bogotá, Colombia.

Selezionato in più di 80 international festivals, tra i quali Animamundi (Brasil), Animpact (South Korea), CutOut Fest (México), Busan (South Korea), Mar del Plata Film Festival (Argentina) and Siggraph Asia.

Prodotto da Cecilia Baeriswyl e diretto da Julio Pot

Riflessioni

Leggi la storia di Sean Stephenson, un piccolo grande uomo

Sean Stephenson è nato con una rara malattia genetica che rende le ossa molto fragili e pronte a spezzarsi alla minima pressione, infatti quando è nato, per via del trauma del parto e della pressione fisica che esercita sul bambino, quasi tutte le sue ossa erano rotte e braccia e gambe si muovevano qua e là in tutte le posizioni più anatomicamente innaturali come se fosse una bambola di pezza.

I medici dissero che probabilmente non avrebbe superato la notte, e quando ce la fece un’infermiera andò dalla madre per applicarle uno strumento per succhiare il latte materno, quando lei chiese perchè mai avrebbe dovuto fare una cosa simile l’infermiera gli rispose “Non penserà mica di allattare quel coso là?”.

Ma nonostante fosse piccolo e deforme, e condannato a vivere per tutta la vita sulla sedia a rotelle e ad avere bisogno dell’aiuto degli altri per lavarsi i capelli e andare in bagno Sean non sviluppò, come molti disabili ma anche tantissime persone sane con qualche problema che ritengono insuperabile, una mentalità vittimistica che lo avrebbe portato a vivere semplicemente di una pensione dello stato, impegnandosi ad odiare gli altri ritenendosi non accettato e rimanendo chiuso in casa, o uscendo solo per cercare di ispirare pietà e compassione negli altri.

Nonostante tutto ciò Sean Stephenson è riuscito a vivere una vita piena ed intensa: viaggiando per tutta l’America facendo lo speaker, lavorando alla casa bianca, facendo lo psicoterapeuta, scrivendo questo libro, avendo più relazioni amorose della maggior parte degli uomini “normali”, tutto coi suoi 90 cm di altezza e la sua carrozzina.

La felicità non dipende da ciò che hai ma da ciò che sei, e per essere ciò che sei devi superare tutti i “ma” che la tua mente ti pone quando sei di fronte a un cambiamento o a una decisione che ti fa paura (“ma non ho abbastanza soldi”, “ma non ho abbastanza tempo”, “ma sono troppo giovane/vecchio”, “ma non sono abbastanza bello”…); e se non prendi decisioni ma ti lasci trasportare dalla corrente farai oggi le stesse cose che hai fatto ieri; e se fai le stesse cose continuerai ad essere sempre la stessa persona.

Sua moglie Mandie Knis, accusata di stare con Sean solo per soldi, ha rilasciato questa dichiarazione al Mirror: «Io e mio marito siamo felicissimi, non ci interessa quello che dice chi non ci conosce. Quando ho incontrato Sean per la prima volta, nel 2009, non è stato un colpo di fulmine, ma poi ho imparato a conoscerlo. E sapete che vi dico? La nostra vita sessuale è molto più appagante di quella di molte coppie che conosciamo. Mio marito è la persona più sessuale che conosca, un vero stallone». Anche Sean dice la sua: «Tutto quello che dice Mindie è vero: il sesso è la parte più importante della mia vita»

Viene naturale fare un confronto con se stessi e chiederci “Ma se ce l’ha fatta lui, perchè non posso farcela anch’io?”

Vediamolo qui sotto in un suo video motivazionale di 2 minuti, condividilo con chi pensi ne abbia bisogno:

Riflessioni

Le ultime parole di Steve Jobs

Ho raggiunto l’apice del successo nel mondo degli affari.

Agli occhi altrui la mia vita è stata il simbolo del successo.

Tuttavia, a parte il lavoro, ho una piccola gioia. Alla fine, la ricchezza è solo un dato di fatto al quale mi sono abituato.

In questo momento, sdraiato sul letto d’ospedale e ricordando tutta la mia vita, mi rendo conto che tutti i riconoscimenti e le ricchezze di cui andavo così fiero, sono diventati insignificanti davanti alla morte imminente.

Nel buio, quando guardo le luci verdi dei macchinari per la respirazione artificiale e sento il brusio dei loro suoni meccanici, riesco a sentire il respiro della morte che si avvicina…

Solo adesso ho capito, una volta che accumuli sufficiente denaro per il resto della tua vita, che dobbiamo perseguire altri obiettivi che non sono correlati alla ricchezza.

Dovrebbe essere qualcosa di più importante:
per esempio le storie d’amore, l’arte, i sogni di quando ero bambino…

Non fermarsi a perseguire la ricchezza potrà solo trasformare una persona in un essere contorto, proprio come me.

Dio ci ha dato i sensi per farci sentire l’amore nel cuore di ognuno di noi, non le illusioni costruite dalla fama.

I soldi che ho guadagnato nella mia vita non li posso portare con me.

Quello che posso portare con me sono solo i ricordi rafforzati dall’amore.

Questa è la vera ricchezza che ti seguirà, ti accompagnerà, ti darà la forza e la luce per andare avanti.

L’amore può viaggiare per mille miglia. La vita non ha alcun limite. Vai dove vuoi andare. Raggiungi gli apici che vuoi raggiungere. E’ tutto nel tuo cuore e nelle tue mani.

Qual è il letto più costoso del mondo? Il letto d’ospedale.
Puoi assumere qualcuno che guidi l’auto per te, che guadagni per te, ma non puoi avere qualcuno sopporti la malattia al posto tuo.

Le cose materiali perse possono essere ritrovate. Ma c’è una cosa che non può mai essere ritrovata quando si perde: la vita.

In qualsiasi fase della vita siamo in questo momento, alla fine dovremo affrontare il giorno in cui calerà il sipario.

Fate tesoro dell’amore per la vostra famiglia, dell’amore per il vostro coniuge, dell’amore per i vostri amici…

Trattatevi bene. Abbiate cura del prossimo.

 

Dicono che queste siano state le ultime parole di Steve Jobs in punto di morte. Non abbiamo trovato una fonte ufficiale e non sappiamo con certezza se Steve Jobs le abbia realmente scritte, ma sono bellissime. Come non condividerle?

Riflessioni

LE TUE CELLULE TI ASCOLTANO: parlare con il tuo corpo può aiutarti a guarire.

“Ogni singola parte del tuo corpo ha la sua propria coscienza o la sua propria anima”. Queste parole rivoluzionarie, dette dalle donne della medicina locale, fecero iniziare il mio viaggio alla scoperta della straordinaria capacità di auto-guarigione del corpo umano.

Quando mi venne presentata questa prospettiva, soffrivo di un intenso dolore cronico. Ho immediatamente immaginato di fare mio questo concetto nella mia meditazione quotidiana. Pensavo: “Può sentirmi il mio corpo? Posso parlarci per cooperare nel guarire questa condizione?”

Riflessioni

LE RELIGIONI E IL LORO ERRORE BASILARE

Osho,
Sei contro tutte le religioni? Quali sono i loro errori fondamentali? 

Sì, sono contro tutte le cosiddette religioni perché non sono affatto religioni. Io sono per la religione, ma non per le religioni.

La vera religione può essere solo una, proprio come la scienza. Non c’è una fisica musulmana, una indù o una cristiana; sarebbe una cosa insensata. Ma questo è proprio ciò che hanno fatto le religioni: hanno fatto della terra un manicomio.

Se la scienza è una, allora perché non dovrebbe essere una anche la scienza dell’interiorità?

La scienza esplora il mondo oggettivo e la religione esplora quello soggettivo. Il loro lavoro è lo stesso, sono solo la loro direzione e dimensione a essere differenti.

In un’era più illuminata non ci sarebbe nemmeno la religione; ci sarebbero solo due scienze: la scienza oggettiva e quella soggettiva. La scienza oggettiva ha a che fare con le cose, quella soggettiva con gli esseri.

Ecco perché affermo di essere contrario alle religioni ma non alla religione anche se  questa religione sta ancora nascendo. Le vecchie religioni faranno tutto ciò che è in loro potere per ucciderla, per distruggerla, perché la nascita di una scienza della consapevolezza sarà la morte di tutte queste cosiddette religioni che hanno sfruttato l’umanità per migliaia di anni.

Che fine faranno le loro chiese, le sinagoghe, i templi? Che accadrà al loro clero, ai papi, agli imam, agli shankaracharya, ai rabbini? Il loro è un grosso affare. Queste persone non permetteranno con tanta facilità la nascita di una vera religione.

Nella storia dell’umanità è arrivato il momento in cui la morsa delle vecchie religioni si sta allentando.

La gente rende un omaggio solo formale alla religione cristiana, ebraica, induista e musulmana, ma di base chiunque abbia un minimo di intelligenza non ha più alcun interesse per quella spazzatura. Magari va alla sinagoga o in chiesa o alla moschea per altre ragioni, ma più che ragioni religiose sono ragioni sociali. È vantaggioso essere visti nella sinagoga; è rispettabile, e non fa male a nessuno. È come associarsi al rotary club o al lions club. Queste religioni sono dei vecchi club circondati da un gergo religioso, ma se vai un po’ più in profondità scopri che è un abracadabra privo di sostanza.

Io sono per la religione, ma quella religione non sarà una ripetizione di una di quelle che conosci già, questa religione sarà una ribellione contro tutte le altre. Non porterà avanti il loro lavoro; anzi lo abbandonerà completamente e ne inizierà uno nuovo, la trasformazione reale dell’uomo.

Mi chiedi: Qual è l’errore basilare di tutte queste religioni? Gli errori sono tanti e sono tutti fondamentali, ma voglio parlare prima di tutto del più importante: quello che nessuna di queste religioni ha avuto abbastanza coraggio di accettare il fatto che esistono cose che non sappiamo. Esse hanno preteso di sapere tutto, di essere onniscienti.

Questo perché, se accetti di essere ignorante su un certo soggetto, chi sa, potresti esserlo anche rispetto ad altre cose. Che garanzia c’è? Per essere assolutamente sicuri, hanno finto, senza alcuna eccezione, di essere onniscienti.

La cosa più bella della scienza è che non pretende di essere onnisciente.

La scienza non pretende di essere onnisciente, accetta i suoi limiti umani. Sa qual è il suo sapere e sa anche che c’è molto di più da apprendere. E gli scienziati più geniali sanno una cosa ancora più profonda. Gli scienziati sanno quali sono i limiti del conosciuto; prima o poi arriveranno a conoscere il conoscibile – sono già sulla strada.

Ma solo gli scienziati più grandi come Albert Einstein sono coscienti della terza categoria, l’inconoscibile, che non potrà mai essere conosciuto. A questo riguardo non si può fare nulla, perché il mistero supremo non può essere ridotto a conoscenza.

Siamo parte dell’esistenza, come possiamo allora conoscerne il mistero supremo?

Siamo arrivati molto tardi e non c’era nessuno come testimone. Non c’è modo di separarci completamente dall’esistenza e diventare solo degli osservatori. Viviamo, respiriamo, esistiamo con l’esistenza: non possiamo separarci da essa. Il momento in cui siamo separati, siamo morti. Ma se non siamo separati, se non possiamo essere dei semplici osservatori, senza alcun attaccamento, non possiamo conoscere il mistero supremo; è impossibile e resterà sempre qualcosa che non si potrà conoscere. Questa parte potrà forse essere sentita, ma non conosciuta. Potrà forse essere sperimentata in modi diversi, ma non come conoscenza.

Ti innamori – puoi forse dire che conosci l’amore? È un fenomeno completamente diverso: lo senti. Se cerchi di conoscerlo, potrebbe evaporare nelle tue mani. Non puoi ridurlo a una conoscenza, non puoi farne un oggetto di conoscenza perché non è un fenomeno della mente, ha a che fare col cuore. I battiti del tuo cuore lo conoscono, ma è una conoscenza di tipo completamente diverso. L’intelletto non è in grado di avvicinarsi ai battiti del tuo cuore.

Ma in te c’è più del cuore: c’è l’essere, la tua sorgente di vita. Proprio come conosci tramite la mente, che è la parte più superficiale della tua individualità, puoi conoscere anche tramite il cuore, che è più profondo della mente. La mente non può arrivarci, perché per essa la profondità è troppa ma al di là del cuore, ancor più in profondità, c’è il tuo essere, la tua sorgente di vita. Questa sorgente di vita ha anch’essa il suo modo di apprendere.

Quando la mente sa, la chiamiamo conoscenza. 

Quando il cuore sa, lo chiamiamo amore. 

E quando l’essere sa, lo chiamiamo meditazione.

I tre parlano lingue diverse, che non sono traducibili l’una nell’altra. Più vai in profondità, più diventa difficile la traduzione, perché al centro dell’essere c’è solo silenzio e come puoi tradurre il silenzio in suono? Nel momento in cui traduci il silenzio in suono lo hai distrutto. Persino la musica non è una traduzione sufficiente; la musica arriva un po’ più vicino, ma è sempre suono.

La poesia non arriva così vicino come la musica, perchè le parole, anche se sono belle, rimangono parole, Non hanno vita, sono morte. Come puoi tradurre la vita in qualcosa di morto? Si, forse tra le parole puoi avvere un intuizione qui e là, ma è tra le parole, tra le righe, non nelle parole o nelle righe.

Questo è l’errore basilare di tutte le religioni: hanno ingannato l’umanità atteggiandosi sfacciatamente a chi sa tutto. Ogni giorno sono state smascherate e la loro ignoranza è stata messa in evidenza; per questo si sono opposte a ogni progresso del sapere.

Quando Galileo scoprì che la terra si muove intorno al sole, il papa diventò furioso. Il papa è infallibile, è solo un rappresentante di Gesù ma è infallibile. Che dire su Gesù – è solamente l’unico Figlio di Dio, e che dire su Dio … Ma nella Bibbia – il libro che discende dal paradiso, scritto da Dio personalmente – il sole gira intorno alla terra.

Galileo aveva creato un problema. Se fosse stato nel giusto, allora dio aveva sbagliato; il figlio unigenito di Dio era errato, e tutti i rappresentanti dell’unico figlio di dio in tutti questi duemila anni – tutte persone infallibili – avevano tutte sbagliato. Un uomo solo, proprio Galileo, ha distrutto tutte quelle pretese. Tutta l’ipocrisia è stata messa in evidenza da lui per cui doveva essere messo a tacere. Era anziano, morente, sul letto di morte, ma forzato, quasi trascinato davanti alla corte nel tribunale del papa, per chiedere perdono e scusarsi.

Il papa pretese: “Devi modificare questa affermazione nel tuo libro, la sacra bibbia non può sbagliare. Tu sei solamente un essere umano, puoi sbagliare, ma Gesù Cristo non può commettere errori. Lo stesso Dio non può sbagliare, centinaia di papi non possono essere nel torto. Ti sei messo contro dio stesso, suo figlio, ed i suoi rappresentanti. Devi semplicemnte cambiare la tua affermazione!”.

Galileo doveva essere un uomo con un immenso senso umoristico – che per me è una delle più grandi qualità di un uomo religioso. Solo gli idioti sono seri, costretti ad essere seri, per essere capace di ridere hai bisogno di un pò d’intelligenza.

Si dice che un inglese ride que volte quando ascolta una barzelletta: la prima volta, per essere gradevole con la persona che racconta la barzelletta, per etichetta, una sorta di manierismo, la seconda volta nel mezzo della notte quando comprende il significato della barzelletta. Il tedesco ride solo una volta, proprio per dimostrare che lo ha compreso, un rabbino non ride mai dice semplicemente, ‘Per prima cosa, stai raccontando tutto in modo sbagliato …’

Hai bisogno di un po’ d’intelligenza, e Galileo è stato intelligente, è stato uno dei più grandi scienziati del mondo, ma dovrebbe essere considerato anche una delle persone più religiose. Rispose, “Per forza Dio non può sbagliare, e Gesù anche, tutti gli infallibili papi non possono aver sbagliato, ma il povero Galileo può sbagliare sempre. Non esiste neun problema – cambierò la frase nel mio libro. Ma una cosa dovrebbe essere sempre ricordata, che la terra continuerà a ruotare intorno al sole, su questo non posso fare nulla, non segue i miei ordini. Per quanto riguarda il mio libro, cambierò la frase, mettendo una postilla in cui scriverò questo: ‘La terra non segue i miei ordini, e continua a girare intorno al sole.’

La religione si è opposta a ogni passo fatto dalla scienza.

Secondo la Bibbia, la terra è piatta, non rotonda. Quando Colombo iniziò a progettare il suo viaggio, con l’idea che la terra fosse rotonda, la sua era semplice aritmetica: “Se continuo ad andare avanti, un giorno arriverò allo stesso punto da cui ero partito… percorrendo un giro completo”. Ma tutti erano contrari.

Il papa fece chiamare Colombo e gli disse: “Non essere sciocco! La Bibbia lo dice chiaramente: la terra è piatta. Presto arriverai all’orlo di questa terra piatta e cadrai giù. E chi sa dove andrai a finire? Il cielo è in alto e tu non puoi cadere verso l’alto, non è così? Quindi cadrai giù nell’inferno. Non partire per questo viaggio e non persuadere altri a farlo”.

Colombo volle lo stesso partire e così aprì le porte di un mondo nuovo. Dobbiamo molto a Colombo, non sappiamo nemmeno quanto. Il mondo che conosciamo è venuto alla luce grazie a lui. Se avesse dato ascolto al papa, a quel papa infallibile, che stava solo dicendo sciocchezze… Ma le sue sciocchezze erano sante e molto religiose…

Tutte le religioni al mondo sono costrette ad affermare di sapere tutto ciò che è possibile sapere e conoscerlo esattamente per ciò che è – non possono fare altrimenti.

I giaina dicono che il tirthankara – il loro profeta, il loro messia – è onnisciente. Sa tutto – passato, presente e futuro – quindi tutto ciò che dice è verità assoluta. Buddha prendeva in giro Mahavira, il messia giaina. I due erano contemporanei, venticinque secoli fa. Mahavira stava diventando vecchio, ma Buddha era ancora giovane e capace di ridere e scherzare. Era ancora giovane e vivo; non ancora ben affermato.

Quando una religione si è affermata, hai di fronte degli interessi costituiti. Mahavira aveva una religione affermata già da migliaia di anni, forse la più antica religione del mondo. Gli indù dicono, giustamente, di possedere il libro più antico del mondo, il Rig Veda. È stato ora scientificamente provato che il Rig Veda è la scrittura più antica mai sopravvissuta. Eppure nel Rig Veda viene menzionato il primo messia del giainismo, che è prova sufficiente del fatto che il messia del gianismo era precedente al Rig Veda. Il suo nome era Rishabhadeva.

Egli viene menzionato con un rispetto che è impossibile avere per un contemporaneo. È una debolezza umana, ma è vero che è molto difficile avere rispetto per un contemporaneo, una persona viva, uno come te. È facile rispettare qualcuno che è morto già da tanto tempo. Il modo in cui il Rig Veda ricorda Rishabhadeva è così rispettoso che doveva essere morto da almeno mille anni, non meno di tanto, quindi il giainismo era una religione affermata già da molto tempo.

Con Buddha, il buddismo era appena all’inizio. Egli si poteva permettere di scherzare e di ridere, e così scherzava su Mahavira e sulla sua onnipotenza, onniscienza e onnipresenza dicendo: “Ho visto Mahavira che mendicava davanti a una casa”, perché Mahavira viveva nudo e mendicava. Buddha affermava: “L’ho visto fermarsi davanti a una casa vuota. In casa non c’era nessuno, eppure quest’uomo, dicono i giaina, conosce non solo il presente, ma anche il passato e il futuro”.

Buddha continuava: “Ho visto Mahavira camminare proprio davanti a me, e pestare la coda a un cane. Era mattina presto, non era ancora chiaro. Solo quando il cane è saltato su abbaiando, Mahavira si è accorto che gli aveva pestato la coda. Quest’uomo è onnisciente, eppure non sa che un cane è sdraiato a dormire proprio sul suo cammino, e che lui sta per pestargli la coda”.

Ma la stessa cosa è successa a Buddha quando si è affermato. 

Trecento anni più tardi, quando i suoi detti e le sue affermazioni vennero raccolti per la prima volta, i discepoli misero bene in chiaro che “tutto ciò che è scritto qui è assolutamente vero, e rimarrà vero per sempre”.

Eppure tra quelle affermazioni ci sono tante cose stupide che possono essere state valide venticinque secoli fa, ma che ora non hanno più senso, perché tante cose sono accadute nel corso di questi secoli. Buddha non aveva alcuna idea di Marx o di Freud… ciò che ha affermato o scritto è necessariamente basato solo sulla conoscenza disponibile a quel tempo.

“Un uomo è povero perché nelle sue vite passate ha commesso qualche brutta azione”. Quindi, dopo le affermazioni di Marx non si può dire. “Un uomo è ricco perché ha agito bene nelle vite passate”. Dopo Marx non puoi dirlo, e non penso che Buddha avesse avuto idea della venuta di Karl Marx sulla terra, sebbene  i suoi discepoli abbiano affermato che qualsiasi cosa detta da Buddha sarebbe rimasta vera per sempre – un modo diverso dal dire che Buddha è onniscente.

Per i poveri è stata una buona consolazione, agendo in modo buono e positivo nelle vite future sarebbero diventati ricchi. Ma anche una gioia per i ricchi, ‘Siamo ricchi perché abbiamo agito bene nelle vite passate’. E sanno benissimo che tipo di buon lavoro stanno facendo adesso … e che le loro ricchezze aumentano ogni giorno, i poveri diventano più poveri ed i ricchi più ricchi.

In India non si è mai pensato alla rivoluzione; non ci si è posti neppure il problema che potesse accadere, e l’India ha vissuto in una povertà mai vista in altri paesi. L’India ha vissuto in schiavitù più a lungo di qualsiasi altro paese al mondo. Ma la schiavitù, la povertà, la sofferenza – tutto dev’essere accettato perché è la conseguenza delle tue azioni. Non puoi ribellarti. Contro chi ti puoi ribellare? L’unica possibilità è quella di bilanciare le tue cattive azioni con delle buone azioni. L’idea stessa di rivoluzione non si è mai presentata alla mente indiana. Se la schiavitù arriva, devi accettarla.

Gli indù conoscono tutte le risposte. Dicono: “Senza la volontà di Dio non può accadere nulla. Quindi se sei uno schiavo…” E per duemila anni l’India è rimasta in uno stato di schiavitù; è un miracolo che un paese così vasto sia rimasto in schiavitù per duemila anni. I popoli che hanno invaso l’India erano piccole tribù di barbari; non erano nulla a confronto dell’India. Avrebbero potuto essere schiacciati dalla folla, non c’era neppure bisogno di prendere in mano la spada.

E invece chiunque – unni, mongoli, turchi, musulmani, britannici – chiunque fosse stato ambizioso e voleva invadere l’India, veniva sempre ben accolto. L’India era pronta – anzi si sentiva in obbligo, visto che eri venuto da così lontano, prendendoti tanto disturbo! E il semplice motivo è che gli indù conoscono la risposta: è la volontà di Dio; nulla accade contro la volontà di Dio, quindi questa schiavitù è volontà di Dio.

Voglio che vi ricordiate che l’errore basilare commesso da tutte le religioni è quello di non essere state abbastanza coraggiose da accettare il fatto che ci sono dei limiti al loro sapere.

Non sono mai state capaci di dire in qualche momento: “Non sappiamo”.

Sono state così arroganti da continuare a dire che sanno, creando nuove pretese di conoscenza. È in questo che la vera religione sarà diversa, a un livello fondamentale.

È vero, ogni tanto ci sono stati individui singoli che hanno avuto la qualità della vera religione, per esempio Bodhidharma uno degli esseri umani più splendidi vissuti, che si recò in Cina mille e quattrocento anni fa. Lì rimase per nove anni raccogliendo seguito intorno a lui. Non era però un uomo che apparteneva alla stupidità delle cosiddette religioni. Era un monaco buddista, e la Cina era già stata convertita al buddismo. Migliaia di monaci buddisti avevano già raggiunto la Cina prima di Bodhidharma, e quando appresero della sua venuta, se ne rallegrarono, perché Bodhidharma era quasi alla pari con Buddha e la notizia del suo arrivo li aveva raggiunti molto prima della sua venuta. Persino il re della Cina, il grande imperatore Wu, andò a riceverlo al confine tra la Cina e l’India.

Wu era colui che aveva portato tutta la Cina al buddismo, che aveva provocato la conversione dal Confucianesimo al Buddismo. Aveva messo tutte le sue forze e le sue ricchezze nelle mani dei monaci buddisti, ed era un grande imperatore. Incontrando Bodhidharma, gli disse: “Ti stavo aspettando. Sono vecchio, e sono fortunato che tu sia venuto fin qui; ti ho aspettato per anni. Voglio farti qualche domanda”.

La prima domanda che fece fu: “Ho dedicato tutte le mie ricchezze, i miei eserciti, la mia burocrazia – tutto ciò che ho – a convertire questo grande paese al buddismo, creando migliaia di templi per Buddha”. Aveva creato un tempio in cui c’erano diecimila statue di Buddha; tutta la montagna era stata scolpita. E dato che bisognava scolpire diecimila statue di Buddha, la montagna intera era stata utilizzata – scolpita in statue di Buddha – tanto da diventare un solo tempio. L’imperatore chiese: “Quale sarà il beneficio che ne ricaverò nell’altro mondo?”.

Questo è quello che gli dicevano i monaci: “Hai fatto tanto per servire Gautama il Buddha che forse quando arriverai all’altro mondo, lui stesso sarà lì a ricerverti e a darti il benvenuto. Ti sei guadagnato tanta di quella virtù che un’eternità di piaceri sarà tua”.

Bodhidharma disse: “Tutto ciò che fai fatto non ha alcun senso. Non hai nemmeno iniziato il tuo viaggio, non hai fatto nemmeno il primo passo. Finirai giù nel settimo inferno, fidati della mia parola.

L’imperatore Wu non riusciva a crederci: “Ho fatto tanto e quest’uomo dice che andrò nel settimo inferno!”.

Bodhidharma rise e disse: “Tutto ciò che fai fatto lo hai fatto per avidità e qualsiasi cosa fatta per avidità non può renderti religioso. Hai rinunciato a tante ricchezze, ma non hai rinunciato senza condizioni. Stai mercanteggiando; è un affare. Stai facendo acquisti nell’altro mondo. Stai passando il tuo conto in banca da questo mondo all’altro mondo, lo stai trasferendo. Sei furbo: questo mondo è momentaneo – domani potresti morire – e questi monaci ti hanno detto che l’altro mondo è eterno… Cosa fai allora? Dai via le ricchezze momentanee per ottenerne di eterne? È proprio un buon affare! Chi stai cercando di prendere in giro?”.

Quando Bodhidharma parlò così a Wu, davanti a tutti i monaci, ai generali e ai re di grado minore che erano arrivati con Wu e con tutta la sua corte, Wu s’inalberò. Nessuno gli aveva mai parlato prima a questo modo. Disse a Bodhidharma: “È questo il modo in cui parla una persona religiosa?”.

Bodhidharma replicò: “Sì, questo proprio è il modo in cui parla una persona religiosa; tutti gli altri modi appartengono a persone che vogliono ingannarti. Questi monaci ti hanno ingannato, ti hanno fatto delle promesse. Tu non sai nulla su ciò che accade dopo la morte; né lo sanno loro, eppure hanno fatto finta di saperlo.

Wu chiese: “Ma chi sei tu per parlare con tanta autorità?”.

E sai cosa rispose Bodhidharma? Disse: “Non lo so. Questa è una delle cose che non so. Sono andato dentro di me, sono andato fino al centro del mio essere e ne sono uscito ignorante come prima. Non lo so”.

Questo, io lo considero coraggio.

Nessuna religione ha avuto abbastanza coraggio da dire: “Questo è ciò che sappiamo, e quello è ciò che non sappiamo – magari lo sapremo in futuro. E al di là di questo c’è uno spazio che rimarrà per sempre inconoscibile”.

Se queste religioni fossero state così umili, il mondo sarebbe stato completamente diverso. L’umanità non sarebbe in un tale caos; non ci sarebbe tanta angoscia. Dovunque tu vada, tutti sono angosciati. Perché parlare dell’inferno? Siamo già all’inferno qui; come puoi soffrire di più all’inferno?

E di questo sono responsabili le cosiddette persone religiose. Continuano a fingere, a giocare lo stesso gioco. Dopo trecento anni in cui la scienza ha continuato a ridurre il loro territorio, a distruggere la loro cosiddetta conoscenza, a portare alla luce fatti nuovi, nuove realtà, il papa è ancora infallibile, così lo shankaracharya! Sono infallibili!

Una religione vera avrà l’umiltà d’accettare il fatto che solo poche cose sono note, molte di più sono ancora ignote, e una parte rimarrà sempre inconoscibile. Ed è proprio quest’ultima parte l’obiettivo di tutta la ricerca religiosa. Non puoi farne un oggetto di conoscenza, ma puoi sperimentarla, puoi provarne il gusto come se potessi mangiarla o berla – è esistenziale.

Lo scienziato rimane separato dall’oggetto del suo studio. È sempre separato dall’oggetto; per questo la conoscenza è possibile, perché chi conosce è separato dal conosciuto. Ma la persona religiosa entra nella sua soggettività, dove ciò che è conosciuto e ciò che conosce sono tutt’uno.

Quando chi conosce e il conosciuto sono tutt’uno, non c’è possibilità di conoscenza. Puoi danzarlo, ma non puoi esprimerlo a parole.

Può apparire nel modo in cui cammini, può mostrarsi nei tuoi occhi, nel modo in cui guardi, ma non può essere messo in parole.

Le parole sono assolutamente impotenti nel campo della religione. E invece tutte queste cosiddette religioni sono colme di parole, tutta spazzatura!

Questo è l’errore basilare, ma ci sono anche altri errori, che vale la pena di ricordare. Ad esempio, ogni religione è egoistica. Anche se insegna ai suoi seguaci la capacità di lasciar cadere l’ego, di essere privi di ego e umili, la religione stessa non è umile,anzi, è molto arrogante.

Gesù dice: “Sii umile, sii mite”, ma ci hai mai pensato? Lo stesso Gesù non è umile, non è mite, niente affatto. Quale maggiore arroganza ed egoismo può esserci nel dichiarare di essere il figlio unigenito di Dio? Lui si dichiara figlio unigenito di Dio! Tu non puoi dichiarare di essere un altro figlio di Dio, nemmeno un cugino, perché Dio non ha fratelli. Non puoi avere alcuna parentela con Dio: l’unica possibile è gia occupata, Gesù ne ha sbarrato l’accesso. È il messia, ed è venuto a redimere il mondo. Ma nessuno sembra essere stato redento, e sono passati duemila anni. Lui stesso è morto soffrendo sulla croce, chi potrà redimere? Ma l’idea che: “Io ti salverò, seguimi”…. Questo è stato uno dei fattori più importanti della distruzione dell’umanità, perché tutte le religioni affermano di essere l’unica vera religione, che tutte le altre sono false. Hanno continuato a combattersi, a uccidersi a vicenda, a distruggersi.

L’altro giorno ho visto un dibattito in televisione. Un rabbino, un prete protestante e un monaco cattolico discutevano di me. E sono arrivati alla conclusione… il rabbino ha suggerito: “Ora è arrivato il momento di fare uno sforzo per dialogare con quest’uomo”. Non riuscivo a crederci, un rabbino che parlava al prete cattolico e suggeriva la necessità di un dialogo. Perché? Al tempo di Gesù c’erano tanti rabbini, come mai non hanno ritenuto necessario un dialogo con Gesù? O il dialogo per loro era la crocifissione?

E questo idiota cattolico si dice d’accordo. Non dice nemmeno: “Ma come, tu, un rabbino, credi al dialogo? Ma allora cosa accadde con Gesù? Forse che la crocifissione è stata un dialogo?”. No, non lo chiede neppure. Né il rabbino si meraviglia delle parole che lui stesso sta pronunciando. Gesù era un ebreo, sarebbe stato perfettamente nel giusto per un rabbino avere un dialogo con un ebreo. Se si era smarrito, se aveva perso la strada, avresti potuto riportarlo sul giusto cammino; o, se magari aveva ragione, allora potevi prendere tu la sua strada. Ma la crocifissione come dialogo? Non era nemmeno un monologo!

Con Gesù il dialogo non era possibile perché lui era il messia, mentre tu chi eri? Un dialogo è possibile solo tra uguali. Lui è il figlio di Dio e tu chi sei? Il genero? Devi essere qualcuno, altrimenti che dialogo ci può essere? Era impossibile; Gesù era così egoista che i rabbini sapevano perfettamente che un dialogo era impossibile. Una volta o due cercarono di avvicinarlo.

Una volta un rabbino chiese a Gesù: “In base a quale autorità stai parlando?”.

Lui rispose: “In base alla mia stessa autorità, ricordati che prima di Abramo, io sono”. Abramo era l’antenato, il più antico; e Gesù dice: “Prima di Abramo, io sono. Quale altra autorità vuoi?”. Quest’uomo sta dicendo: “Beati sono i miti”, ma lui non è affatto mite, “Beati sono i poveri, gli umili…”, ma qual è il motivo? Perché sono beati?  “…perché erediteranno il regno dei cieli”.

Strano ragionamento! Qui perdi, mentre lì guadagni mille volte. Ma cosa guadagni? Le stesse cose. Qui sei povero, lì sarai ricco. Qui sei un mendicante, lì sarai un re. Ma qual è la differenza di qualità? L’unica differenza è tra qui e lì, tra due posti diversi. E queste persone cercano di essere miti, umili e poveri, per la semplice ragione che vogliono ereditare il regno di Dio. Quest’uomo sta stimolando e sfruttando la tua avidità. Tutte le religioni l’hanno fatto.

Anche con me un dialogo è impossibile, ma per ragioni diverse.

Prima di tutto, io non conosco me stesso – su questo non è possibile discutere – e quella è la cosa fondamentale da discutere. Che dialogo può esserci? O sei stato dentro di te oppure no.

Se sei stato dentro, allora guardare nei tuoi occhi sarà sufficiente, quello è il dialogo. Se non sei stato dentro, anche allora guardare nei tuoi occhi sarà sufficiente. Il dialogo è finito ancora prima di iniziare.

Con me il dialogo è impossibile perché non sono uno studioso. Non posso citare i libri sacri, finisco sempre per sbagliare la citazione. Ma che cosa interessa? Io non rendo omaggio a nessun libro sacro, non credo che siano sacri. Sono romanzi religiosi, quindi anche se sbaglio la citazione presa da un romanzo religioso, non è un problema. In realtà non li ho mai letti con attenzione, li ho sfogliati, ho guardato qui e là, e anche così ho scoperto tanta di quell’immondizia!

Quindi che dialogo fare con me, su che punti? Occorre almeno un certo accordo, e non c’è accordo possibile perché io affermo che non c’è Dio. Ora che dialogo puoi avere? Dovrai provare l’esistenza di Dio, solo allora il dialogo potrà iniziare. Oppure portare Dio sul banco dei testimoni; allora potremo discutere se è davvero Dio o solo un ipocrita americano.

Non credo che esista un paradiso o un inferno. Che dialogo è possibile? In altre religioni puoi avere dialoghi perché ci sono punti di contatto. Un musulmano, un cristiano, un indù, un ebreo, possono discutere di Dio. C’è un punto certo, e cioè che Dio c’è. Ora la questione è solo riguardo alla sua forma, ai suoi attributi e alle sue qualità, ma c’è accordo sul punto fondamentale. Tutti sono d’accordo sull’inferno e il paradiso. Può essere che qualcuno creda in sette inferni, qualcuno in cinque o in tre. È solo una questione di numeri, non è così importante. Con me che dialogo ci può essere? A partire da che cosa? Non c’è nemmeno un punto d’accordo, perché tutte quelle religioni sono false, non sono religioni autentiche, altrimenti ci sarebbe stata qualche possibilità.

Con Bodhidharma posso avere un dialogo. Egli afferma: “Non so chi sono”. Questo è un punto di contatto sufficiente. Ora possiamo prenderci per mano e andare insieme a fare una passeggiata. Non occorre dire altro, è stato già detto tutto.

Ma con questi rabbini, con questi preti cattolici o protestanti, che dialogo è possibile? Sono passati duemila anni e i rabbini non si sono ancora scusati per aver crocifisso Gesù. Crucifiggere non è un argomento. Se mi tagli la testa, non è un argomento. Questo non vuol dire che io ho torto e tu hai ragione. Anzi, se mi tagli la testa, stai provando che non eri in grado di sostenere il tuo punto. È sempre il debole che si arrabbia. È sempre il debole che vuole convertirti sul filo della spada. Sono passati duemila anni e ancora… Mi meraviglia che nemmeno un rabbino si sia scusato. Ma perché dovrebbero? Pensano di essere stati nel giusto allora, e di esserlo anche ora.

Questo mi fa arrivare al secondo punto, che tutte le religioni sono state contro il dubbio. Hanno veramente temuto il dubbio.

Solo un intelletto impotente può temere il dubbio, altrimenti il dubbio è una sfida, un’opportunità di ricerca. Hanno ucciso il dubbio e hanno forzato nella mente di ognuno l’idea che, se dubiti, finirai all’inferno e soffrirai per tutta l’eternità. Non dubitare mai. Credere è accettato, la fede, una fede totale; nemmeno una fede parziale sarà sufficiente, solo una fede totale. Stai chiedendo a degli esseri umani una cosa assolutamente inumana. Come può un uomo credere totalmente? E anche se cerca di farlo, vuol dire che il dubbio è presente, altrimenti contro che cosa starebbe combattendo quando cerca di credere in modo totale?

C’è il dubbio, e il dubbio non viene eliminato dal credere.

Il dubbio è eliminato dal fare esperienza.

Dicono: Credi!

Io dico: Esplora!

Dicono: Non dubitare!

Io dico: Dubita più che puoi, finché arrivi al punto di sapere, sentire, sperimentare.

Allora non occorre reprimere il dubbio, svanirà da solo. Allora non occorre credere. Non credi al sole, non credi alla luna, allora perché credi in Dio? Non hai bisogno di credere nei fatti comuni, perché sono lì, chiari. Ma non sono la verità suprema.

Una rosa è lì alla mattina e alla sera è già scomparsa. Puoi ‘crederci’, ma non è necessario; lo sai, non sorge nemmeno la questione del dubbio. Questo ‘credere’ nella rosa è un credere semplice, che non è opposto al dubbio. Per non creare confusione tra un credere semplice e uno complicato, posso dare al primo un nome diverso: fiducia.

Tu hai fiducia nella rosa: essa fiorisce, diffonde la sua fragranza e poi scompare. A sera non la troverai più; i petali saranno caduti e saranno stati portati via dal vento. Ma non è una verità eterna; sai che è un fatto. E sai che ci saranno altre rose, altre fragranze. Non devi credere, lo sai per esperienza, perché anche ieri c’erano delle rose che ora sono scomparse. Oggi sono apparse nuovamente, e domani la natura farà il suo corso.

Perché credere in Dio? Ieri non avevi alcuna esperienza di Dio, e non l’hai neppure oggi, e che certezza c’è riguardo al domani? Da dove prendi la certezza sul domani? Ieri era vuoto, oggi è vuoto, e domani è solo una vuota speranza, uno sperare contro ogni aspettativa. Ma questo è ciò che hanno insegnato le religioni: distruggi il dubbio.

Nel momento in cui elimini il dubbio, hai eliminato una cosa che ha immenso valore per l’uomo, perché è proprio il dubbio che spinge l’uomo a ricercare e a trovare. Hai tagliato le radici della ricerca: adesso non ci sarà alcuna ricerca.

Ecco perché trovi solo raramente una persona che ha la sensazione dell’eterno, che ha scoperto il polso dell’eterno, che ha respirato l’eterno; succede molto raramente. E chi ne è responsabile? Tutti i tuoi rabbini e i tuoi papi, gli shankaracharya e gli imam:  loro sono i responsabili, perché hanno tagliato le radici stesse della ricerca.

In Giappone coltivano uno strano albero. Questi alberi, che contano tre o quattrocento anni, sono alti solo una diecina di centimetri. E hanno quattrocento anni! Se osservi uno di questi alberi è così antico, ma è alto solo dieci centimetri. E loro la considerano un’arte! Ciò che fanno è continuare a tagliare le radici. Il vaso in cui vive l’albero è privo del fondo, e così ogni tanto possono alzarlo e tagliare le radici. Quando tagli le radici, l’albero non può crescere; invecchia ma senza crescere. Diventa sempre più vecchio, ma in effetti lo hai rovinato.

Ciò che queste persone fanno in Giappone è un fatto significativo: è la stessa cosa che le religioni hanno fatto con l’uomo. Hanno tagliato le tue radici in modo che tu non possa crescere, ma solo invecchiare. La prima radice che tagliano è quella del dubbio; allora la ricerca si arresta.

La seconda radice che tagliano ti porta a contrastare la tua stessa natura, a condannare la tua natura. E naturalmente, quando condanni la tua natura, come puoi aiutarla a fluire, a crescere e a seguire il suo corso, come un fiume? Non ti permettono di essere simile a un fiume e di muoverti a zig zag.

Le religioni ti hanno trasformato in un treno, che corre sulle sue rotaie da una stazione all’altra, che di base non fa che spostarsi da un posto all’altro, senza andare da nessuna parte, ma sempre seguendo i binari. E chiamano questi binari disciplina, controllo, autocontrollo.

Le religioni hanno fatto danni incalcolabili – il vaso dei loro peccati è strapieno e trabocca. Dobbiamo solo gettarle tutte nell’oceano, a dieci chilometri di profondità, in modo che nessuno possa ritrovarle dando nuovamente inizio allo stesso stupido modo di fare.

Quelle poche persone intelligenti che ci sono al mondo dovrebbero liberarsi di tutto ciò che le religioni hanno fatto loro, e senza che se ne rendessero nemmeno conto. Dovrebbero ripulirsi completamente dalla religione ebraica, indù, cristiana, giainista e buddista. Dovrebbero ripulirsi completamente – essere umani è sufficiente.

Accetta te stesso, rispetta te stesso permettendo alla tua natura di seguire il suo corso. Non forzare, non reprimere.

Dubita, perché il dubbio non è un peccato, ma un segno di intelligenza. Dubita e continua la ricerca finché non trovi.

Una cosa la posso dire con certezza: chi cerca, trova. È certo, non è mai accaduto altrimenti.

Nessuno è mai tornato a mani vuote da una ricerca autentica.

Osho, From Ignorance to Innocence, # 11